Il Carnevale romano: la tradizione del rovesciamento

Il Carnevale romano: la tradizione del rovesciamento

Il Carnevale romano: la tradizione del rovesciamento

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Il Carnevale romano è stato, per secoli, uno degli eventi più attesi dell’anno, una tradizione che si rinnovava ogni volta con tutto l’entusiasmo del popolo di Roma. E non è difficile comprendere il motivo di tanto amore per una festa: per ben otto giorni, grazie al carnevale, veniva meno la rigidità delle leggi e delle disposizioni di ordine pubblico e, seppur per poco, era lecito trasgredirle senza gravi conseguenze.

saturnali, antesignani del carnevale romano
Saturnali

Il Carnevale romano affonda le proprie radici nella tradizione dei Saturnali, feste in onore di Saturno durante le quali si assisteva ad un sovvertimento completo dell’ordine sociale e a un ristabilirsi improvviso dell’uguaglianza tra gli uomini; gli schiavi, di conseguenza, venivano considerati a tutti gli effetti uomini liberi e potevano prendersi grosse libertà.

Un chiaro esempio di questa situazione si legge in una satira di Orazio (II, 7), ambientata proprio durante i Saturnalia: lo schiavo Davo, in virtù della sua breve riconquista di libertà, può permettersi di rivolgere al padrone Orazio le critiche più feroci riguardo il suo comportamento. Il Carnevale deriva proprio da questo, rappresentando la possibilità – per un periodo limitato nel tempo – di rivalsa per il popolino e per tutti coloro che erano sopraffatti dal potere di nobili e clero.

Nonostante queste premesse, però, il carnevale romano aveva dei precisi limiti e ogni anno non era garantito che si tenessero i festeggiamenti: era il papa, tramite apposito editto, a concedere licenza e, nel caso di Giubilei o di altri eventi particolari come la morte di un pontefice, questi venivano sostituiti con celebrazioni di stampo sacro.

I luoghi e le follie del Carnevale Romano

Una volta che, però, il carnevale era avviato c’era un preciso copione da rispettare che prevedeva tutta una serie di divertimenti molto particolari. La prima sede “ufficiale” del carnevale fu piazza Navona, che durante il medioevo si trasformava in luogo di tauromachie, giochi e tornei cui partecipavano i cavalieri. Successivamente fu il Monte Testaccio a rappresentare il teatro dello svago popolare, in particolare con la cosiddetta ruzzica de li porci. Si trattava di una forma di intrattenimento piuttosto cruenta: sulla sommità della collina di Testaccio venivano allestiti dei carretti sui quali si collocavano diversi maiali vivi; successivamente i carri venivano fatti rotolare giù per il declivio, senza guida, fino a valle dove una folla intera attendeva per contendersi quel che restava dei maiali.

Carnevale romanoSuccessivamente, intorno alla metà del ‘400, fu per volontà di papa Paolo II che i festeggiamenti legati al carnevale si spostarono di nuovo, trovando il loro centro focale a piazza Venezia e lungo via del Corso, all’epoca Via Lata. Qui, lungo uno stretto rettilineo di circa un chilometro e mezzo si svolgevano gare di corsa nelle più disparate forme, a seconda del giorno dei festeggiamenti: il primo lunedì, ad esempio, erano gli ebrei a correre, dopo esser stati costretti a mangiare a dismisura, tra i lazzi e le burle dei romani; mentre il martedì grasso c’era una sfida tra bufale. Esisteva un vero e proprio calendario delle corse, stilato e regolamentato da una bolla del papa, come sottolineano le fonti storiche. La corsa più attesa, però, era quella dei Barberi, cavalli provenienti dal nord Africa.

Possiamo farci un’idea di quel che accadeva non soltanto dalle cronache, ma dalle numerose rappresentazioni pittoriche dell’evento: i cavalli venivano radunati in piazza del Popolo, proprio sotto l’obelisco e poi lanciati al galoppo lungo via Lata, privi di fantino, verso Piazza Venezia. Qui veniva predisposto un telone per fermarli, ma soprattutto erano i barbareschi, semplici stallieri, a dare prova di sé gettandosi in mezzo ai cavalli in corsa per bloccarli a mani nude. La corsa si svolgeva al tramonto e tutta Roma accorreva per potervi assistere: in piazza sorgevano palchi e tribune, riservati alle personalità, e lungo la via i balconi divenivano posti di privilegio per chi poteva permettersi di pagare lo spettacolo. Per gli altri rimaneva soltanto la strada, il luogo più pericoloso per assistere giacché si rischiava di rimanere schiacciati dalle bestie in corsa.

corsa dei barberi, carnevale r

Fu proprio un evento, tragico ma prevedibile, a interrompere la tradizione romana della corsa dei Barberi: nel 1874 un giovane sventurato attraversò la strada proprio nel momento in cui arrivava un cavallo e perse così la vita. Vittorio Emanuele II, presente secondo tradizione all’evento, decise di abolire la manifestazione, che non sarebbe stata mai più restaurata; un evento che segnò l’inizio del declino della festa. Rimase inalterata, però, l’altra grande celebrazione che chiudeva il carnevale romano con una suggestiva e curiosa illuminazione notturna.

La notte del martedì grasso, ultimo giorno di follie prima della Quaresima e del lungo periodo di penitenza, i romani scendevano in strada e correvano un’ultima volta, con torce, fiammelle e lumini, tentando di spegnere in corsa le luci altrui: era la Corsa dei Moccoletti, con la quale si salutavano le trasgressioni per tornare, il giorno dopo, alla normalità.

carnevale romano, corsa dei moccoletti

Sara Fabrizi

Sara Fabrizi

Sara Fabrizi

Classe '92, laureata in Filologia Moderna all'Università di Roma "La Sapienza", redattrice per NéaPolis e Tutored. Gestisco due blog "Parole in viaggio" dedicato all'arte e ai luoghi d'Italia e "Storie dal cassetto", raccolta di racconti brevi soprattutto a carattere psicologico. Un mio racconto "Il battesimo del fuoco" è stato selezionato e pubblicato nell'antologia "I racconti di Cultora. Centro-sud" seconda edizione per Historica edizioni nel 2015. Sono membro fondatore dell'associazione "La parola che non muore" e responsabile dell'ufficio stampa per il Festival omonimo a Civita di Bagnoregio, inaugurato nel 2015.