Ci chiediamo scusa? Alla scoperta dei dieci mondi

Ci chiediamo scusa? Alla scoperta dei dieci mondi

 Alla scoperta dei dieci mondi

Cosa ci si dovrebbe aspettare da uno spettacolo che parla di principi buddisti?

Il teatro e il buddismo …. una, forse, stramba accoppiata che suona quasi come voler far parlare un cane ed una pecora. Il buddismo, filosofia millenaria che nell’immaginario collettivo occidentale si riferisce a saggezza, equilibrio e serenità; e il teatro: la passione del sangue grondante, del cuore pulsante, della vita che pompa.

Ma il teatro spesso “gronda” anche perché qualcuno cerca di far convivere i contrari, prova a fare in modo che si annusino, che comunichino.

E poiché il buddismo ci racconta anche di cambiamento continuo, di vita che si modifica e si plasma, di rendere possibile l’impossibile, è in realtà del tutto sensato che ci sia la volontà di tentare, di provare a far comunicare cani e pecore, perché profondamente, il buddismo ci dice che la comunicazione è sempre possibile.

E così, la regista e coreografa Valeria Andreozzi ha iniziato il suo viaggio alla ricerca di un matrimonio tra la passione del teatro e la seraficità dei principi buddisti, mettendo in scena lo spettacolo “Ci chiediamo scusa?”, andato in scena sabato 9 aprile al Teatro Greco di Roma.

Il nobile intento di comunicare attraverso il palcoscenico, per di più nello specifico con lo strumento del teatro danza, l’arte del corpo, dell’irrazionale, dello stomaco, della comunicazione non verbale, alcuni dei fondamentali principi della filosofia del buddismo giapponese, ha portato ad un risultato di cui è apprezzabile senza dubbio il coraggio.

Lo spettacolo nasce nell’ambito della campagna internazionale Senzatomica del 2015 della Soka Gakkai internazionale sull’abolizione delle armi nucleari, ed ha l’obiettivo di spiegare il principio ispiratore della campagna e, fondamentalmente, del pensiero buddista: il cambiamento parte dalla coscienza del singolo che, attraversando i dieci mondi (i dieci “stati vitali” che ogni creatura possiede e vive nella propria esistenza) può giungere allo stato di felicità, di pace interiore, e dunque “disarmare” sé stesso ed essere, con la sua vita, portatore di pace all’interno della società.

L’opera si presenta come una spiegazione didascalica dei dieci mondi, costituita da pezzi recitati che introducono pezzi danzati, espressione in movimento ciò che è appena stato spiegato con le parole.

L’operazione, nata da una buona intenzione evidentemente pedagogica di diffusione delle idee buddiste, ha una struttura molto semplice, costituita da quadri separati tra loro che spiegano alcuni principi del Sutra del Loto, scrittura sacra del buddismo giapponese.

La presenza di qualche interessante espediente scenico, tra cui i vocalizzi e i commenti sonori ed onomatopeici della notevole cantante Debora Longini, dà consistenza ad una rappresentazione forse non perfettamente amalgamata da una regia strutturata, ma interrotta da sistematici stacchi di buio che difficilmente permettono di entrare con tutto il corpo e tutto il cuore in una tematica che invece avrebbe da trasmettere e da comunicare con lo spirito di una platea che avrebbe tutto da ascoltare e da interiorizzare degli insegnamenti millenari che, se veicolati con cura, portano ad una società di pace.

Ribadire però che il tentativo nobile e sognatore di far parlare cani e pecore, di usare l’arte per diffondere un contenuto che raramente è oggetto di opere d’arte, sia meritevole di un encomio, è doveroso.

“Ci chiediamo scusa?” ha un punto di domanda, è un’esortazione, è il punto di partenza da cui si spezzano le presunzioni dei singoli ed inizia la collaborazione che sostituisce la competizione, l’energia che sostituisce la rabbia, la felicità che sostituisce l’euforia. Chiedersi scusa è lo strumento che tutti gli esseri umani possiedono e possono utilizzare per cambiare il proprio destino, invertire la rotta, ricordarsi che non si è soli, e far risuonare un’eco di benevolenza che si dirama dal singolo in tutte le relazioni che il singolo conduce con altri singoli, è l’augurio di una sorta di “contagio” positivo di felicità. Ed è qui che il cuore dello spettacolo vive, nel suo significato profondo, nel portare alla luce i dieci mondi di cui ci parla il buddismo, l’essenza del nostro spirito e dell’Universo intero, nella possibilità di illuminare le nostre vite e così essere portatori di pace, di risanamento dei conflitti, di superamento di tutte le difficoltà, di tutti i “mondi” che ci avvelenano. Ed è da qui, da questo splendido concetto di chiedersi scusa, a noi stessi e agli altri, di guardare l’altro pulendo lo sguardo da ogni astio o individualismo, che è possibile ripartire, anche riconsiderando gli strumenti comunicativi che, se studiati nuovamente e rimessi in sesto per brillare, come lo sguardo di chiede ed accetta scuse, potrebbero portare ad un’opera che, contenutisticamente ha tanto da dire e da dare a chi la ascolta.cichiediamoscusa

Gabriella Olivieri

Elio Tomassetti

Elio Tomassetti

Direttore della testata e giornalista dal 2010, dopo la laurea in Giurisprudenza mi sono sempre occupato di comunicazione soprattutto nei settori socio-culturali. Contatto: eliotomassetti1988@gmail.com