Il Cimitero acattolico, dove riposano i poeti

Il Cimitero acattolico, dove riposano i poeti

Il Cimitero Acattolico, dove riposano i poeti

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Arrivi quasi come un pellegrino che percorre a passi lenti un giardino ideale, sospeso nel tempo, risparmiato dai secoli. Non c’è una fonte d’acqua a cui avvicinare le labbra riarse per la calura del sole estivo e un silenzio immobile circonda questo luogo, come se le mura pallide e scrostate potessero preservarlo dal traffico congestionato di Via Ostiense.

Non ti sembra nemmeno più di essere in città: è strano pensare che ti trovi proprio nel cuore di Roma, a poche centinaia di metri dalla metropolitana sferragliante e all’ombra del candido profilo della Piramide Cestia. Eppure quello che ti avvolge non è un silenzio di morte, ma di rispetto e contemplazione. Alla tua destra, appena varcata la soglia, si snoda un labirinto di tombe delle più svariate fogge, lapidi, torri, statue, piccoli mausolei, un tripudio di arte e inventiva.

Ti volgi alla tua sinistra, dove vedi un’apertura nel muro: è la parte più antica e la zona meno affollata del Cimitero. Poche tombe spuntano dall’erba, verde in ogni stagione che sembra rappresentare più che l’immortalità dell’anima la forza della memoria che trova qui i suoi monumenti più significativi. Qui, nella parte più estrema, ti siedi su una panchina e apri il tuo libro preferito: non c’è luogo migliore per concedersi una pagina in più. Ma lo sguardo ti cade sulle due lapidi che hai di fronte, vicine e isolate rispetto alle altre.

Non sono marito e moglie né due amanti legati in morte, ma il pittore Joseph Severn, come si intuisce dalla tavolozza che orna la lapide e un suo apparentemente anonimo amico.

John Keats e Joseph Severn

 

Non ci sono date di nascita e morte né il nome ma un insolito epitaffio:

Here lies one whose name was writ in water

qui giace colui il cui nome fu scritto sull’acqua. Un uomo come tutti, dunque: mortale, fragile, destinato a sparire per sempre.

Sotto questa dicitura tanto umile e discreta giacciono le spoglie di uno dei più grandi poeti dell’Inghilterra Romantica, John Keats, che sul letto di morte espresse la volontà di venire seppellito con queste poche, semplici parole. La grandezza traspare ancor di più nell’essenzialità e nella sensibilità di un uomo che diceva:

La bellezza è verità, la verità bellezza: questo è tutto ciò che voi sapete in terra e tutto ciò che vi occorre sapere.

Il resto dell’epitaffio fu un’aggiunta dei suoi amici, tra cui Severn, animati dall’amarezza di vedere un giovane tanto promettente disprezzato e oltraggiato dalla critica contemporanea. Sulla lapide vedi scolpita una lira greca, con quattro delle sue otto corde spezzate, simbolo forse della creatività e del genio spentisi troppo presto.

Alla tua sinistra, sul muro vedi il profilo di un uomo scolpito nella pietra, un delicato volto di giovane accompagnato da un acrostico:

K-eats! if thy cherished name be “writ in water”
E-ach drop has fallen from some mourner’s cheek;
A-sacred tribute; such as heroes seek,
T-hough oft in vain – for dazzling deeds of slaughter
S-leep on! Not honoured less for Epitaph so meek!

Epitaffio Jhon Keats, il cimitero acattolico

Keats, se il tuo prezioso nome è scritto sull’acqua
Ogni sua goccia è caduta dal volto di chi ti piange
Un tributo sacro, come può anelare un eroe,
Sebbene sovente in vano, per i suoi strabilianti atti di carnefice
Riposa ! Non meno in onore per sì mite epitaffio!

 

Il nome di Keats si ripete per due volte, in orizzontale e verticale, come un grido di dolore, un’invocazione che non si spegne e la cui eco arriva a te, muto di fronte a queste pietre che ti parlano di una vita breve, di un’amicizia intensa. Alzi gli occhi ad ammirare la Piramide, imponente e immobile guardiana poi piano piano esci da questo recinto incantato e ti dirigi verso la prossima tappa: l’Angelo del Dolore. Si trova nella zona nuova e nonostante la gran quantità di tombe la sua forma è inconfondibile.

angel of grief, il cimitero acattolico
Angel of Grief, foto di Sara Fabrizi

Ti avvicini alla statua che, per la bellezza e la storia che racchiude in sé, è divenuta quasi il simbolo del Cimitero, molto più della tomba di Keats o quella di Shelley poco più in là, perché esprime l’essenza del luogo. The Angel of Grief, l’Angelo del Dolore compare anche sulla copertina degli album di ben due band americane: i Nightwish e gli Evanescence.

La sua immagine ti evoca un sentore di dolcezza e malinconico abbandono di fronte ad un profondo dolore. Il dettaglio delle dita spezzate non fa che conferirle un’aura di fragilità estrema.

L’angelo, dalle fattezze femminili, riverso sulla tomba tanto che sembra di vederlo piangere, in un gesto protettivo e avvolgente, è l’ultima opera di William Wetmore Story, che volle scolpire nel marmo il più intimo sentimento, quello della perdita della persona amata: Emelyn Story. Ultima opera e ultimo atto d’amore: un angelo che abbraccia l’intera famiglia Story: marito, moglie e il figlio Jospeh.

Poco più in là, superata la lapide spoglia che copre i resti di Percy B. Shelley, noti tra le mani di una fanciulla dormiente un fiore, seccatosi da poco tempo. Forse il dono della delicatezza di un visitatore, l’ultimo dolce amante di questa sfortunata ragazza; o forse di una donna, una madre che ha saputo cogliere, nelle poche parole poste alla base della tomba, il dramma di una giovane vita spezzata sulla soglia del sogno d’amore.

Psiche, il cimitero acattolico

Proseguendo lungo il muro di cinta, tra nomi noti e sconosciuti, ti si para davanti un  piccolo capolavoro che non puoi ignorare. Da lontano ti sembra un altro angelo, ritto su un basamento. Ti avvicini e riconosci le ali di farfalla di una delle fanciulle più enigmatiche della mitologia classica: Psiche. Il suo nome, in greco, indica l’anima che viene raffigurata come un essere effimero, la farfalla, la creatura dalle ali variopinte che paga la sua bellezza con una vita estremamente breve. Psiche è, quindi, l’anima che viene a contatto con l’Amore, Eros, e diviene perciò un essere divino.

Ti avvicini al basamento per vedere sulla tomba di chi ti trovi e scopri con sorpresa che quella che hai di fronte non è una tomba ma un monumento alla memoria di una donna, Sarah D. Greenough i cui resti si trovano in Austria, ma la cui vita fu legata indissolubilmente a Roma in quanto membra dell‘Accademia d’Arcadia e di quella di Santa Cecilia. Psiche rappresenta, dunque, una parte dell’anima di Sarah rimasta nel suo luogo più caro.

L’ultima tappa del tuo percorso ti porta al capo opposto del cimitero, di fronte ad una lapide spoglia su cui sono incise tre parole: CINERA ANTONII GRAMSCII

Non è di maggio questa impura aria
che il buio giardino straniero
fa ancora più buio, o l’abbaglia

con cieche schiarite… questo cielo
di bave sopra gli attici giallini
che in semicerchi immensi fanno velo

alle curve del Tevere, ai turchini
monti del Lazio… Spande una mortal
pace, disamorata come i nostri destini[…]

Le Ceneri di Gramsci, Pier Paolo Pasolini

Intorno alla tomba, fiori ancora freschi.

Sara Fabrizi

 

Sara Fabrizi

Sara Fabrizi

Classe '92, laureata in Filologia Moderna all'Università di Roma "La Sapienza", redattrice per NéaPolis e Tutored. Gestisco due blog "Parole in viaggio" dedicato all'arte e ai luoghi d'Italia e "Storie dal cassetto", raccolta di racconti brevi soprattutto a carattere psicologico. Un mio racconto "Il battesimo del fuoco" è stato selezionato e pubblicato nell'antologia "I racconti di Cultora. Centro-sud" seconda edizione per Historica edizioni nel 2015. Sono membro fondatore dell'associazione "La parola che non muore" e responsabile dell'ufficio stampa per il Festival omonimo a Civita di Bagnoregio, inaugurato nel 2015.