Metafore dello sguardo: Raffaello negli occhi di Parmigianino e Barocci

Metafore dello sguardo: Raffaello negli occhi di Parmigianino e Barocci

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Un colloquio a tre non può che iniziare con una presentazione dei personaggi coinvolti, una piccola introduzione che permetta di penetrare più a fondo le dinamiche tra i diversi interlocutori.
Così si apre la mostra su Raffaello, Parmigianino e Barocci, incentrandosi non sulle opere ma sui loro autori per mezzo del tramite degli autoritratti, la personale visione che ciascuno dei pittori aveva di sé stesso, accompagnata dalla narrazione della storia della pittura per eccellenza, il trattato di Giorgio Vasari. La delicatezza dei tratti del giovanissimo Raffaello ci introduce in un allestimento che mira a porre a confronto il grande maestro, che tanti echi ha lasciato nell’arte successiva – dal manierismo, che lo prendeva a modello insieme a Michelangelo e Leonardo, fino ai preraffaelliti che lo ritenevano colpevole dell’inquinamento dell’arte – con due epigoni che in tempi e luoghi differenti hanno assorbito e reinterpretato la sua lezione: Barocci e Parmigianino.

Metafore dello sguardo: Raffaello negli occhi di Parmigianino e Barocci

Si tratta di una mostra, diremmo, di nicchia, non destinata a suscitare l’attenzione del grande pubblico che potrebbe essere attratto piuttosto dal nome dell’urbinate (Raffaello, si sa, è un ottimo catalizzatore) ma suggestiva nell’intento che si propone: notare l’eredità lasciata dall’artista, quell’ombra lunga proiettata nei secoli, linfa vitale per l’arte, sprone continuo all’emulazione e quindi principio, paradossalmente, di originalità. E come si può indagare tutto ciò se non andando alla radice dell’atto artistico, al momento primo dell’ideazione e del tratto su carta, esponendo quindi i bozzetti preparatori, gli studi, le carte che dell’artista sono gli strumenti primi di lavoro?

Metafore dello sguardo: Raffaello negli occhi di Parmigianino e Barocci

 

La scelta di non presentare grandi capolavori ma la produzione grafica dei tre artisti ha delle motivazioni ben precise che si evincono dalle parole della stessa curatrice Marzia Faietti, coinvolta nella realizzazione dell’esposizione dall’associazione culturale MetaMorfosi: consapevole, infatti, che si stava organizzando un’ampia mostra monografica per i musei del Louvre e del Prado ella ha ritenuto che “un’ulteriore iniziativa su Raffaello, anche se principalmente mirata alla grafica, avrebbe rischiato di ingenerare quella periodica inflazione del soggetto che non ha mai giovato alla comprensione e all’apprezzamento della personalità artistica dell’Urbinate”.
Una mostra pensata per avvicinare alla comprensione, dunque, non per una ricerca della spettacolarità.

Di qui l’intuizione feconda di presentare Raffaello attraverso gli occhi dei suoi due colleghi, quelli che la tradizione ha definito suoi eredi: da un lato Parmigianino, che tra Cinquecento e Seicento viene considerato la vera e propria reincarnazione del grande maestro, quasi che l’anima dell’uno fosse trasmigrata nell’altro; dall’altro Barocci, che ha in comune con il Sanzio la patria di provenienza. “Metafore dello sguardo” è un gioco di specchi in cui ciascuno degli artisti si riflette nell’altro, vede precisarsi la propria fisionomia nel confronto, nell’assimilazione del modello, nella differenziazione da esso, nella ricerca continua della propria personale declinazione dell’arte.

Metafore dello sguardo: Raffaello negli occhi di Parmigianino e Barocci

Sulle pareti della sala per le mostre temporanee dei Musei Capitolini, dunque, non troveremo le opere più celebri, quelle inserite nei libri di scuola di qualsiasi ordine e grado, ma ciò che le ha precedute e ha concesso loro di vedere la luce. I rapidi tratti,le correzioni, i disegni che sembrano emergere lentamente dalla carta e venire incontro allo sguardo dell’ossservatore.
Alla serie dei volti degli artisti succede quella dedicata agli studi anatomici, in particolare alle deposizioni; poi gli studi sul paesaggio e le rappresentazioni architettoniche e, particolarissimi, gli studi dei volti femminili in cui si sviluppa lentamente una nuova concezione di bellezza, un’ideale estetico comune che farà epoca.

 

Sara Fabrizi

Sara Fabrizi

Sara Fabrizi

Classe '92, laureata in Filologia Moderna all'Università di Roma "La Sapienza", redattrice per NéaPolis e Tutored. Gestisco due blog "Parole in viaggio" dedicato all'arte e ai luoghi d'Italia e "Storie dal cassetto", raccolta di racconti brevi soprattutto a carattere psicologico. Un mio racconto "Il battesimo del fuoco" è stato selezionato e pubblicato nell'antologia "I racconti di Cultora. Centro-sud" seconda edizione per Historica edizioni nel 2015. Sono membro fondatore dell'associazione "La parola che non muore" e responsabile dell'ufficio stampa per il Festival omonimo a Civita di Bagnoregio, inaugurato nel 2015.