Palazzo Altemps, tra arte antica e architettura rinascimentale

Palazzo Altemps, tra arte antica e architettura rinascimentale

Domenica 7 gennaio, ore 16:10, Roma Nascosta vi porta alla scoperta di Palazzo Altemps.

Da Bernini a Baldassarre Peruzzi, tanti Maestri hanno contribuito a rendere questo edificio uno dei più bei Palazzi rinascimentali di Roma. E scopriremo che le origini di chi fece costruire il Palazzo, sono avvolte tra i misteri della Roma papalina…

INFORMAZIONI “PRATICHE”

Appuntamento: Domenica 7 gennaio, ore 16:10, Piazza di Sant’Apollinare 46 (adiacente Piazza Navona)

Orario inizio: 16:30 (termine visita alle ore 18:00)

Costo della visita: 9€

Quota associativa (tessera valida fino al 31 dicembre 2018): 6€

Costo speciale per famiglie: gli UNDER 18: 3€ (comprensivo di quota associativa!!!)

Invalidi: 10€ (comprensivi della quota associativa)

Cuffie: 2€ l’una
PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA: scrivendo una mail a info@romanascosta.net o mandando SMS o Whatsapp al numero 3801473193.

Per avere copia della nostra pubblicazione “Roma Nascosta” scriverci al momento della prenotazione.

 

ALCUNE ANTICIPAZIONI…

Benvenuti a Palazzo Altemps, dove le massime espressioni di arte antica e rinascimentale si incontrano in un trionfo di armonia e bellezza.

L’area su cui sorge il palazzo è sempre stata abitata nel corso della storia di Roma. Siamo nell’antica zona del porto marmorario, dove si trovavano anche gli uffici destinati a gestire l’estrazione di questo prezioso materiale. Per comodità logistica, nella stessa zona furono aperte diverse botteghe di lavorazione del marmo, eccellenti fucine di arte statuaria: oggi –  coerentemente con lo spirito del luogo – il palazzo rinascimentale è sede di una delle collezioni di sculture più importanti della capitale.

Il palazzo prende il nome dal Cardinale Marco Sittico Altemps, figlio del celebre condottiero lanzichenecco Wolf Dietrich von Ems zu Hohenems e di Clara de’ Medici, sorella di Papa Pio IV. Ordinato cardinale il 26 febbraio del 1561, sette anni dopo Altemps acquista il cosidetto Palazzo del Riario, precedentemente di proprietà di Francesco Soderini, fratello dell’allora gonfaloniere fiorentino Piero. Morto Soderini, la proprietà del palazzo passò a Innocenzo Cybo, nipote diretto niente di meno che di Lorenzo il Magnifico.

Tuttavia, chi rese davvero magnifico il palazzo che andiamo a visitare fu il suo primo proprietario e costruttore: Girolamo Riario, Signore di Imola e Forlì. Le origini di Riario affondano le radici nei misteri e nello scandaloso concubinato della Roma papalina: ufficialmente nipote dell’allora papa Sisto IV, si ritiene fosse in verità suo figlio. Ciò spiega in parte la particolare fortuna politica di cui il nobiluomo godette in vita e il suo importante matrimonio con Caterina Sforza. Questa prima padrona del Palazzo, in particolare, incarna una delle personalità più affascinanti del rinascimento italiano: figlia naturale di Galeazzo Maria Sforza e di Lucrezia Landriani – ufficialmente congiunta a un membro della corte milanese -, Caterina spiccava per la sua perizia nella caccia e negli studi di alchimia. Di animo fiero e indomito, fu l’orgogliosa madre di Giovanni dalle Bande Nere, l’ultimo cavaliere della storia d’Italia.

Per la loro lussuosa dimora romana, Caterina e Girolamo affidarono disegni e decorazioni a Melozzo da Forlì e alla sua scuola, il cui progetto originale sarà successivamente rimaneggiato da Baldassarre Peruzzi e Antonio da San Gallo il Vecchio.

Oggi Palazzo Altemps ospita una delle quattro sedi del Museo Nazionale Romano, con una ricca collezione di statuaria antica e di riproduzioni romane di capolavori greci. L’allestimento attuale rispetta il gusto antiquario rinascimentale, preservando l’armonia stilistica tra contenitore e contenuto. I pezzi più belli e importanti provengono dalla collezione Ludovisi – da cui prende il nome il famosissimo sarcofago romano –  e dalle collezioni Boncompagni, Mattei e Del Drago. Alcuni pezzi facevano invece parte della collezione privata della famiglia Altemps. Il restauro delle statue – avvenuto tra XVI e XVII secolo – si avvale del metodo (ora in disuso) della ricostruzione e integrazione dei pezzi mancanti; l’autore di questi interventi fu in alcuni casi il padre del Barocco romano Gian Lorenzo Bernini. Tra le opere esposte, grande interesse riscuote la sezione egizia che ricorda l’integrazione delle divinità nordafricane nel pantheon romano, che portò nell’Urbe molti manufatti e oggetti di culto esotici.

Francesca Romana Torre

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Redazione Nèa Polis

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