Raccontare la Grande Guerra con le voci dei protagonisti

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Raccontare la Grande Guerra con le voci dei protagonisti

Raccontare la Grande Guerra con le voci dei protagonistiE’ il 24 maggio 1915 quando l’Italia, dopo circa dieci mesi dallo scoppio della guerra, decide di entrare in campo. Ha vinto la corrente interventista e irredentista, quella che vede nella guerra un’occasione di riscatto e di liberazione per Trento e Trieste, un modo per dare all’Italia finalmente l’unità che il Risorgimento aveva cercato di creare.
La storia si conosce, almeno a grandi linee, nei suoi sviluppi maggiori, in quei grandi rivolgimenti che potevano seguire ad un conflitto di quella portata.
Ma la storia che racchiudono i libri può essere vista da più vicino, non come un insieme di freddi avvenimenti, di nomi di battaglie e di paci, un cumulo di date di cui resta in testa soltanto il proverbiale “’15-18”. La Grande Guerra può acquisire un lato umano, può farsi vicina attraverso la voce di chi l’ha vissuta; un po’ come quando è il nonno a raccontare la sua esperienza e con la parola dà carne e sangue ai ricordi, trasformandoli di nuovo in realtà presente. E la mostra Raccontare la Grande Guerra, allestita nei locali della Biblioteca Universitaria Alessandrina grazie al lavoro degli studenti della triennale in Lettere Moderne, si propone proprio come una narrazione coinvolgente e immediata, attraverso le voci di uomini e soldati, spesso anche poeti improvvisati oltre che di professione, che nei versi e nella loro produzione hanno riversato gli ideali e tutto lo spirito che li ha animati.
La mostra si articola in quattro sezioni: Poesia patriottica, poesia d’invettiva, Antologie e mondo della musica e dello spettacolo proponendo una vasta serie di testimonianze tratte dall’archivio della Biblioteca.

Ma forse, ancora più interessante, è il progetto da cui questa mostra è nata quasi per caso grazie agli sforzi, all’impegno e all’entusiasmo, in mezzo alle difficoltà che un lavoro del genere può comportare, di studenti del III anno del corso di laurea in Lettere Moderne della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università La Sapienza: Agnese Caddeo, Francesca Cianfrocca, Marta De Gennaro, Giulio Romano Murialdi, Chiara Pericone, Alessandra Simoni coordinati dalla professoressa Paola Italia e dal professor Lorenzo Geri.

Una mostra fisica e virtuale che mette a disposizione documenti rimasti sepolti per anni nell’archivio della biblioteca, mai studiati, per raccontare la prima guerra mondiale ad un secolo dal suo scoppio. Le voci dei protagonisti, dei soldati, dei poeti, ma anche degli studenti che ci hanno messo le mani. Due delle ragazze, Agnese Caddeo e Marta De Gennaro, che hanno lavorato assiduamente in questi mesi si sono prestate ad una piccola intervista per illustrare i retroscena, le soddisfazioni e le difficoltà dell’immergersi in un archivio, un luogo che nell’immaginario comune è più avvolto da polvere che da un qualche tipo di fascino magico.

 

Che tipo di materiali avete maneggiato e come si è svolto il lavoro sui documenti?

La Miscellanea Guerra, a cui appartengono i documenti esposti in mostra, comprende circa 3500 Raccontare la Grande Guerra con le voci dei protagonistipezzi di varia natura: vi si possono trovare volantini pubblicitari, resoconti sull’attività di società e associazioni, opuscoli di istruzioni sul primo soccorso o sulla manutenzione delle protesi dei mutilati, per citare solo alcuni esempi. Di conseguenza, nella prima fase abbiamo svolto un lavoro di minuziosa selezione del materiale, con lo scopo di individuare i testi di interesse letterario. Una volta selezionati, li abbiamo divisi in quattro sezioni in base alle tipologie di materiale che ci sono sembrate dominanti: la poesia patriottica (odi, inni, canzoni, poemetti…), la poesia di invettiva (componimenti per la maggior parte brevi, come sonetti o epigrammi, di carattere soprattutto irredentista, antiaustriaco e antitedesco), le antologie, il mondo della musica e dello spettacolo. Ci siamo poi dedicati all’analisi dei testi. A partire dall’ottobre 2015 abbiamo lavorato alla pubblicazione online della mostra virtuale, che ora è disponibile all’indirizzo www.movio.beniculturali.it/dsglism/raccontarelaguerra/, mentre a novembre abbiamo allestito quella fisica presso la Biblioteca Alessandrina, che è stata inaugurata il 29 novembre.

Come descriveresti il lavoro in archivio considerando questo primo approccio?

Raccontare la Grande Guerra con le voci dei protagonistiM:    Il lavoro in archivio è stato faticoso ma molto stimolante, perché nessuno di noi studenti ci si era confrontato precedentemente. Siamo stati comunque aiutati dal personale della Biblioteca, in particolare le Dottoresse Marina Chirri e Maria Costabile, che hanno dimostrato sempre grande disponibilità nei nostri confronti. La soddisfazione maggiore è stata senz’altro essere riusciti ad individuare dei documenti di assoluto interesse all’interno dell’enorme quantità e varietà di materiale presente nella miscellanea.

A:    Quello che ci si era presentato all’inizio come un meccanico lavoro di catalogazione, si è poi rivelata un’esperienza molto più articolata. Infatti,  all’analisi dei documenti selezionati, abbiamo finalmente potuto applicare le competenze acquisite durante il nostro triennio di studi. Non solo, tali conoscenze, unite all’apporto creativo di ogni membro del team, hanno agevolato la stesura di testi che, dovendo accompagnare il visitatore alla mostra, dovevano essere esplicativi e accattivanti insieme.
Sicuramente collaborare con altre iniziative nate per celebrare il Centenario della Grande Guerra ci ha dato molta soddisfazione. Per esempio, dopo che Raccontare la Grande Guerra è stato presentato al congresso dell’Associazione degli Italianisti (ADI) dalla dottoressa Giorgia Alcini, lo scorso settembre, l’università di Sassari ha accolto un nostro intervento durante la conferenza Scrittura e memoria della Grande Guerra. Il progetto è stato inoltre inserito nelle attività del Convegno La Grande Guerra nella letteratura e nelle arti, organizzato dal Dipartimento di Studi greco-latini, italiani e scenico musicali in collaborazione con  il Dipartimento di Studi Europei Americani e Interculturali della Facoltà di Lettere e Filosofia.

 

Quali sono stati i documenti che hanno attratto maggiormente il tuo interesse e per quale motivo?

Raccontare la Grande Guerra con le voci dei protagonistiM: Un pezzo che mi ha particolarmente interessato è la raccolta di versi in romanesco “doppo li fochi” di Giggi Spaducci. Io mi sono infatti occupata di analizzare i documenti  di poesia di invettiva del Fondo. Sono testi che, sfruttando la demonizzazione di un nemico condiviso, alimentano lo spirito di solidarietà tra compatrioti. I nemici sono quasi sempre l’Austria o la Germania, che vengono presentati come discendenti delle antiche popolazioni barbare, in modo da rappresentare la prima guerra mondiale come l’acme di un processo plurisecolare che ha come scopo il raggiungimento dell’identità nazionale dell’Italia. La raccolta di Spaducci, invece, è una voce fuori dal coro: egli provocatoriamente sceglie come bersaglio non tanto le potenze nemiche, quanto piuttosto i meccanismi della guerra stessa e anche il governo italiano, che vi si adegua. Oggetto delle sue invettive è quindi l’ipocrisia che sta dietro ai “codici” di guerra e che si esprime nei trattati, nelle alleanze, nel finto patriottismo, nei falsi buoni propositi che altro non sono se non pretesti per ottenere un tornaconto personale. Per questi motivi egli non riesce a pubblicare la raccolta, come avrebbe voluto, nel 1917, nonostante  avesse scelto ironicamente come titolo
“Cor permesso de la censura”, e deve aspettare il 1921 per poterla pubblicare, appunto, “doppo li fochi”.

A: Io mi sono occupata della sezione “antologie” e ho riscontrato che le raccolte pubblicate con più frequenza sono quelle a tema bellico. Tra queste, tre libretti di “poesie di guerra”, curati dal noto dantista e manzonista Antonio Lesca, si distinguono per l’attenzione alla biografia degli autori e alla ricostruzione storica. Purtroppo la divisione in macrosezioni ci ha costretti a scartare alcuni libelli comunque interessanti. Ad esempio la miscellanea guerra accoglie tre orazioni dannunziane: “L’ala d’Italia è liberata”, “Italia o morte”, “Lettera ai dalmati”, tutte pubblicate nel ’19. Un altro documento che esula dalle 4 categorie, ma sicuramente importante è un esemplare della collana “I Quaderni della Voce”,  “Dopo Caporetto”, un’analisi lucida della condizione dell’Italia in stato di guerra all’indomani della disfatta.

Hai qualche aneddoto o curiosità da raccontare in particolare?

 M:    Personalmente, gli aneddoti che mi piace ricordare sono legati all’organizzazione pratica dell’evento. Il budget  e gli strumenti a nostra disposizione erano limitati, ma ci siamo impegnati per riuscire a sfruttarli al meglio, mettendo alla prova la nostra creatività. Abbiamo costruito noi i manifesti e i supporti su cui affiggerli. Sono molto soddisfatta, ad esempio, del manifesto sui “Documenti nello Spazio”: consiste in una cartina dell’Italia (che, insieme ad altri pannelli, abbiamo fatto stampare in tipografia grazie al finanziamento offertoci dal Dipartimento), su cui abbiamo attaccato delle puntine colorate (ogni colore corrisponde a una delle quattro sezioni), per fornire un’idea della distribuzione diatopica delle tipografie da cui sono stati stampati i documenti esposti nella mostra. Durante l’allestimento avevamo finito i supporti per i manifesti, ma non ci siamo arresi e abbiamo usato un appendiabiti della Biblioteca, utilizzando scotch, fil di ferro e addirittura ago e filo!

Un’altra esperienza particolare è legata alla realizzazione dei video di presentazione. Per girare abbiamo utilizzato i nostri computer e i nostri cellulari, ma siamo molto soddisfatti del risultato. A sette minuti di video finale corrispondono quasi cinque ore di registrazione, infatti abbiamo deciso di montare anche un video di “Backstage”. Entrambi sono disponibili sul sito della mostra (nella pagina Raccontiamo la Mostra) e su YouTube. Sono stati anche proiettati durante l’inaugurazione del 29 novembre.

A:    Lavorare a stretto contatto con ragazzi che con me condividono età e corso di studi mi ha arricchito non solo professionalmente, ma anche a livello personale. Ricordo il sostegno reciproco, durante le ore di spoglio delle carte in archivio, quando sembrava che non sarebbero mai terminate. Ricordo, negli ultimi giorni, l’eccitazione febbrile che ci ha presi nell’organizzazione dell’inaugurazione dell’evento. Ricordo quando, distribuendo i volantini e appendendo i manifesti della mostra per tutta l’università, raccontavamo ai colleghi curiosi la nostra esperienza.

 

Sara Fabrizi

 

 

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Sara Fabrizi

Sara Fabrizi

Classe '92, laureata in Filologia Moderna all'Università di Roma "La Sapienza", redattrice per NéaPolis e Tutored. Gestisco due blog "Parole in viaggio" dedicato all'arte e ai luoghi d'Italia e "Storie dal cassetto", raccolta di racconti brevi soprattutto a carattere psicologico. Un mio racconto "Il battesimo del fuoco" è stato selezionato e pubblicato nell'antologia "I racconti di Cultora. Centro-sud" seconda edizione per Historica edizioni nel 2015. Sono membro fondatore dell'associazione "La parola che non muore" e responsabile dell'ufficio stampa per il Festival omonimo a Civita di Bagnoregio, inaugurato nel 2015.