Se l’arte incontra la vita: nascita di una città Meticcia e del suo museo

Se l’arte incontra la vita: nascita di una città Meticcia e del suo museo

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Nascita di una città Meticcia

Se l'arte incontra la vita: nascita di una città Meticcia e del suo museo
Telescopio sulla torre del MAAM

Via Prenestina 913, un telescopio puntato contro il cielo e una bandiera che sventola: il vessillo di una città meticcia, una Babele di lingue e di storie dentro la quale i bambini corrono in mezzo a opere d’arte contemporanea.
Non è mai semplice descrivere realtà uniche poiché si è privi di uno strumento di paragone adeguato e il MAAM, Museo dell’Altro e dell’AltroveMetropoliz Città Meticcia è una di queste. Bisogna attraversarlo e perdersi nelle sue stanze, salire le scale, guardare dall’alto e magari cercare di conoscerne un po’ la storia per capire questo grande esperimento.

Se l'arte incontra la vita: nascita di una città Meticcia e del suo museo
Il logo del MAAM, opera dello street artis Solo

L’edificio dentro cui ci troviamo è un ex salumificio Fiorucci, un’enorme fabbrica in cui entravano maiali ed uscivano salumi, uno dei tanti casermoni abbandonati nella periferia romana come una carcassa spolpata. Nel marzo del 2009 arriva una folata di nuova energia assieme al movimento per l’emergenza abitativa: circa 200 persone occupano la fabbrica da un lato per sopperire all’esigenza di un luogo in cui vivere, dall’altro come segno di protesta contro l’azienda proprietaria dell’immobile, la Srl Salini. Dunque per prima cosa in quella che sarà Metropoliz entra la vita.

 

Se l’arte incontra la vita: Space Metropoliz e il MAAM

 

Poi arrivò l’arte, grazie all’idea dell’antropologo, film maker e artista Giorgio De Finis: così il Metropoliz, la piccola cittadella dei migranti e dei rom, si è trasformata progressivamente nel MAAM, un nome che riecheggia gli acronimi dei grandi musei romani (la GNAM, il MACRO, il MAXXI) ponendosi però come esperimento di rottura degli schemi convenzionali. Un museo in cui è la vita stessa a diventare opera collettiva contaminando e facendosi spazio su ogni muro raggiungibile; non ci sono cartellini sotto le opere né sistemi di sicurezza per proteggerle perché si tratta, in ultima istanza, di un sistema osmotico e relazionale nel quale ogni opera mantiene il suo stile peculiare e riconoscibile ma allo stesso tempo entra in dialogo con il luogo, con lo spettatore, con gli abitanti.

Se l'arte incontra la vita: nascita di una città Meticcia e del suo museo
La L.U.N.A d Massimo di Giovanni, incagliata nel soffitto del cortile

Momenti diversi si intrecciano all’interno di queste mura: il primo progetto artistico portato dentro al Metropoliz nel 2012 è quello di un film-documentario Space Metropoliz, dedicato proprio al resoconto spaziale delle origini di questa colonia aliena nata il giorno in cui un gruppo di Italiani, Tunisini, Peruviani, Ucraini, Africani e Rom decide di rompere il lucchetto che chiude l’enorme cancello e di trasformare la fabbrica in una casa abitabile.
Dalla Terra alla Luna, questo satellite vicino ma lontanissimo come le esistenze di chi vive al margine ed è catalogato come “diverso”: una luna incastrata nel soffitto del cortile interno da Massimo De Giovanni a ricordare che si può ancora cercare di raggiungerla, di colmare il desiderio di una realtà vivibile e condivisa; all’esterno un grande razzo spaziale e un’enorme croce gialla, a simboleggiare una pista d’atterraggio, o meglio di non-atterraggio giacché al centro riporta scritto “NOT HERE” NON QUI, i segni che ha lasciato il progetto Space Metropoliz.

Se l'arte incontra la vita: nascita di una città Meticcia e del suo museo
Il razzo per andare sulla Luna, Space Metropoliz

 

Ma addentrandoci nelle enormi sale che custodiscono veri e propri reperti di archeologia industriale veniamo a contatto con le oltre 400 opere del MAAM, un vero e proprio paese di Cuccagna per gli appassionati di street art. Ogni angolo, ogni centimetro disponibile lancia un messaggio che è difficile ignorare. Dai “Guerrieri della luce” di Stefania Fabrizi che difendono idealmente l’ingresso, insieme a quel cancello che deve essere sempre chiuso per evitare sgomberi e raid di estremisti di destra; alla “Cappella Porcina – EMMAMCIPAZIONE” di Pablo Mesa Capella e Gonzalo Orquìn, un lungo murales costituito come da tanti fotogrammi in cui si rappresenta il percorso dei suini all’interno del salumificio, prospettando per loro un esito di liberazione, come in una pellicola vista al contrario;

Se l'arte incontra la vita: nascita di una città Meticcia e del suo museo
Cappella Porcina – EMMAMCIPAZIONE, dettaglio del maiale liberato

fino alla recentissima rampa in legno ideata dal Nitro Group e collocata nel cortile interno a interagire con lo spazio e con gli abitanti, una rampa per sedersi e appoggiarsi quando si suona, giocare, arrampicarsi, un piccolo centro gravitazionale di aggregazione. Per descrivere e spiegare tutto quello che c’è dentro il MAAM ci vorrebbe un libro intero; o in alternativa, per un sabato fuori dall’ordinario, basta visitarlo davvero.

Sara Fabrizi

 

 

Sara Fabrizi

Sara Fabrizi

Classe '92, laureata in Filologia Moderna all'Università di Roma "La Sapienza", redattrice per NéaPolis e Tutored. Gestisco due blog "Parole in viaggio" dedicato all'arte e ai luoghi d'Italia e "Storie dal cassetto", raccolta di racconti brevi soprattutto a carattere psicologico. Un mio racconto "Il battesimo del fuoco" è stato selezionato e pubblicato nell'antologia "I racconti di Cultora. Centro-sud" seconda edizione per Historica edizioni nel 2015. Sono membro fondatore dell'associazione "La parola che non muore" e responsabile dell'ufficio stampa per il Festival omonimo a Civita di Bagnoregio, inaugurato nel 2015.