Il Tevere e Roma. “L’antico porto della città eterna”

Il Tevere e Roma. “L’antico porto della città eterna”

Il Tevere e Roma. “L’antico porto della città eterna”

La storia e la grandezza di Roma scorrono sicuramente attraverso le acque del suo fiume, il Tevere.

Se la nostra città divenne la prima metropoli del mondo antico, infatti, lo si deve anche al fruttuoso utilizzo che i Romani seppero fare del proprio fiume. Il Tevere ebbe varie funzioni, che nel corso dello sviluppo urbano di Roma vennero ampliate per finalità ed importanza. Il corso d’acqua, da inziale fonte idrica, divenne successivamente un importante mezzo di comunicazione e commercio soprattutto grazie al guado nella zona dell’isola Tiberina.

L’importanza della via fluviale per gli antichi Romani risale già alla seconda metà del VII secolo a.C., epoca del re Anco Marcio, periodo in cui venne costruito il ponte Sublicio. Una prima sistemazione razionale della zona, tuttavia, si ebbe nel VI secolo a.C., infatti l’arcaico portus Tiberinus risale al periodo monarchico-etrusco, epoca in cui nell’ansa del Tevere, tra il Campo Marzio e il guado adiacente l’isola Tiberina, venne effettuata una prima arginatura del fiume creando un bacino semicircolare.

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L’elemento fondamentale che ci permette di comprendere lo sviluppo dell’antica zona portuale di Roma, è rappresentato sicuramente dall’ ascesa dell’influenza politica della Repubblica Romana. Più territori e popolazioni entrarono nell’orbita dell’influenza romana, prima in Italia e poi nel bacino del Mediterraneo, più il porto cittadino crebbe d’importanza e di dimensioni. Non a caso fu proprio nel II secolo a.C., dopo lo scontro con Cartagine, che lo scalo cittadino subì una totale ridefinizione che lo portarono ad essere una delle zone principali della città.

Le istituzione repubblicane e le stesse famiglie patrizie romane, come per esempio gli Aemilii, investirono enormi risorse per il potenziamento dell’antica zona del portus Tiberinus e per l’ampliamento della capacità di scarico con un nuovo porto cittadino. Grazie all’ opera dei censori Lucio Emilio Paolo e Lucio Emilio Lepido, tra il 193 a.C. e il 174 a.C., venne edificato e lastricato il nuovo scalo di Roma compreso tra il Tevere e la zona sud dell’Aventino; si costituì così un’enorme zona portuale attrezzata con ripae (banchine) compresa tra quella più antica, dell’isola Tiberina, fino ad arrivare alla zona più recente, compresa tra il colle Aventino e il Monte Testaccio.

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Gli edifici principali del nuovo porto furono l’Emporium che fu un’enorme banchina per lo scarico lunga 500 m circa e attrezzata con scalinate sia per scendere verso il fiume sia per salire verso l’Aventino, il porticus Aemilia composto da una serie di magazzini coperti per stivare le varie merci e in fine gli horrea Galbana che furono principalmente dei depositi di grano. In più l’intera zona fu arricchita da un’importante zona sacra legata ai culti del commercio e collegata ai “fori mercantili” del bestiame, del pesce e degli ortaggi come i fori Olitorio e Boario.

L’antica area portuale di Roma è detta oggi della “Marmorata” e deve il suo attuale nome al traffico di lastre di marmo che si praticò nella zona all’epoca dell’antica Roma.

Aldo Doninelli

 

 

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Redazione Nèa Polis

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