30 dicembre – Visita alla Chiesa del Gesù e all’Ara Coeli: tra grandezza e semplicità

30 dicembre – Visita alla Chiesa del Gesù e all’Ara Coeli: tra grandezza e semplicità

APPUNTAMENTO: Sabato 30 dicembre, ore 16:00, in Piazza del Gesù davanti la Chiesa (fine visita ore 17:30).
TESSERA ASSOCIATIVA (valida fino al 31 dicembre 2018): 6€.
COSTO VISITA: 9€
COSTO SPECIALE PER FAMIGLIE: gli under 18 pagano 3€ (comprensivo di tessera associativa)!!!                                                                                                                                          INVALIDI: 10€ (comprensivo di tessera associativa e accesso a tutte le visite 2018)

CUFFIE (OBBLIGATORIE): 2€ l’una

PRENOTAZIONI: scrivendo a info@romanascosta.net o SMS/WHATSAPP al numero 3280593784.

 

ALCUNE ANTICIPAZIONI…

124 gradini da salire in ginocchio: non è una tortura medievale né uno degli esercizi del maestro Miyagi di Karate Kid, più semplicemente è il percorso che bisogna fare, secondo la tradizione invocando i Re Magi e recitando il De Profundis, per vincere a Lotto grazie all’influsso benefico della Madonna.
Questa è soltanto una delle incredibili leggende legate alla Chiesa di S. Maria in Ara Coeli, forse la più antica chiesa di Roma. Noi oggi percorriamo la scalinata principale tranquillamente, seppure un po’ affaticati per la pendenza, e arriviamo all’ingresso.

In fondo alla basilica scorgiamo un tempietto all’interno del quale sorge la statua di una donna incoronata che sorregge una croce: quest’elemento ci permette di identificare sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino, colei che secondo la leggenda avrebbe ritrovato la vera croce in Terra Santa. In realtà la cosa che più ci interessa di questa piccola costruzione è ciò che possiamo scorgere dalla parte destra attraverso un vetro: un antico altare, proprio quello da cui prenderebbe il nome la chiesa cioè l’Ara Coeli, l’altare del Cielo.
Qui si apre il capitolo più antico e forse più strano legato alla Basilica: secondo quanto riportato dai Mirabilia Urbis Romae, le prime guide alla città di Roma realizzate per i pellegrini attorno al XII secolo, questo sarebbe il luogo in cui Ottaviano Augusto ebbe una singolare visione.

In questo luogo sorgeva una delle dimore dell’imperatore che qui convocò la Sibilla Tiburtina per chiedere consiglio poiché il Senato voleva tributargli onori divini. La Sibilla rispose all’appello di Augusto con queste parole:
“vi sono indizi che presto dal sole scenderà il Re dei secoli venturi e la vera giustizia sarà fatta”
Mentre veniva pronunciata questa profezia Augusto vide aprirsi il cielo e apparire una donna con in braccio un bambino circonfuso di luce e udì due voci gridare:

Questa è la Vergine che porterà nel suo grembo il Salvatore del mondo. Questo è l’altare del Figlio di Dio.

Insomma questo sarebbe il nucleo originario della Basilica, fondato addirittura prima della nascita di Cristo ed è per questo che Santa Maria in Ara Coeli è, probabilmente, la chiesa più antica di Roma.
Il cuore vero di questa enorme costruzione, però, lo troviamo nascosto in una piccolissima cappella posta proprio dietro il tempietto di Sant’Eelena: la cappella del Bambinello o, più confidenzialmente per i romani, “Er Pupo”.

Tra grandezza e semplicità: Chiesa del Gesù, gli appartamenti ignaziani il e Bambinello in Ara Coeli

Bambinello in Ara Coeli

Ricoperto da ex voto e incoronato, il Bambinello si affaccia da una teca di vetro. L’oro nasconde il materiale in cui è scolpito, per i fedeli molto più prezioso del biondo metallo: la statuina è stata realizzata nel XIV secolo da un frate francescano intagliando il legno di un ulivo proveniente dal giardino del Getsemani, il luogo in cui Cristo si ritirò a pregare subito dopo l’Ultima cena e in cui venne arrestato in seguito al bacio traditore di Giuda. Distogliamo lo sguardo per un momento dalla statuina e guardiamo l’altare su cui si trova: ci sono due cestini pieni di lettere, alcune indirizzate semplicemente “Al Bambino, Roma”. Sono le missive di tantissimi fedeli che ancora oggi rivolgono le proprie preghiere e richieste a questa santa effigie pur consapevoli che la statuina, in realtà, non è quella originale. Ci troviamo di fronte ad una copia perfetta che andò a sostituire il vero bambinello nel 1994 in seguito ad un furto.
Anche questa vicenda sembra prendere le tinte di un episodio quasi leggendario, pur essendosi consumato appena 20 anni fa e dunque in tempi non sospetti. Il primo tentativo di furto avviene nel 1974: una donna si porta a casa il bambinello e lo sostituisce con una copia, ma la sparizione non dura a lungo. A mezzanotte della stessa giornata le campane cominciano a suonare e i frati francescani ritrovano il bambinello sano e salvo di fronte al portone della chiesa. Passano venti anni e un giorno, poco prima che la statua sparisca, vengono rubati tutti gli ex voto ma i fedeli li rimpiazzano ben presto. Il Bambinello è cambiato ma la devozione non è mai mutata e ancora oggi i francescani raccolgono le lettere indirizzate al piccolo Gesù; poi le bruciano senza aprirle perché non vogliono intromettersi in questo dialogo mai interrotto.

Piazza del Gesù, tira un gran vento, in qualunque stagione dell’anno. Basta questo semplice dettaglio per trasportarci in un alone di leggenda grazie alla guida di uno dei più grandi romanzieri dell’Ottocento, Stendhal.
Si racconta che un giorno il Vento e il Diavolo passeggiassero per Roma, come due normali turisti odierni. Passando di fronte alla Chiesa del Gesù il Diavolo chiese all’amico vento di aspettarlo lì fuori poiché doveva fare delle commissioni proprio all’interno della chiesa… e non uscì più. E il vento, da amico fedele, ancora lo attende. Due interpretazioni possibili di questo brevissimo aneddoto: c’è chi ritiene che si voglia denigrare il potente ordine dei Gesuiti, titolare della Chiesa, accusandolo di essere tanto corrotto da riuscire a trattenere il diavolo; l’alternativa si riferisce, invece, alle capacità di conversione dei Gesuiti che sarebbero riusciti a convertire persino il demonio.
Entrando in Chiesa, però, saremmo portati a pensare che il Diavolo sia rimasto affascinato dalla ricchezza di questa chiesa, voluta proprio dal fondatore dell’ordine Sant’Ignazio da Loyola per celebrare il Santissimo nome di Gesù. E proprio lungo questo filo conduttore si snodano le principali decorazioni: il monogramma di Gesù o nomen sacrum (IHS) con una croce stilizzata ad attraversare la H domina la facciata della Chiesa, l’altare maggiore ma soprattutto l’affresco che riempie il soffitto della navata centrale, la Gloria del nome di Gesù.

Tra grandezza e semplicità: Chiesa del Gesù, gli appartamenti ignaziani il e Bambinello in Ara Coeli

Gloria del nome di Gesù

Per evitare di farci venire il capogiro, un po’ per la scomoda posizione a testa in giù e un po’ per la vastità celeste che si apre sopra la nostra testa, sfruttiamo lo specchio al centro della navata per ammirare l’opera del Baciccio, al secolo Giovan Battista Gaulli.
Al centro della composizione spicca il monogramma dorato circondato dalla luce divina e intorno, ammirati come noi, troviamo:
in alto a sinistra Carlo Magno e Tiberio accompagnato dalla Veronica, giacchè la leggenda racconta che l’imperatore romano gravemente ammalato guarì grazie al contatto con il lenzuolo, custodito dalla donna, con il quale ella aveva asciugato il volto di Cristo;
poco più in basso i Re Magi, S. Francesco, la personificazione della Chiesa… mentre sulla destra possiamo notare, aguzzando la vista,il cardinale Alessandro Farnese con un modello in miniatura della Chiesa del Gesù che egli contribuì a realizzare.

Al di sotto di questa spettacolare rappresentazione, scacciate dalla luce, si trovano i demoni e le personificazioni dei peccati capitali:la Lussuriarappresentata come un uomo e una donna con un bimbo nato dalla relazione peccaminosa, l’Ira circondata dal fuoco, la Superbia accompagnata da un pavone, l’Invidia che si strappa i capelli, l’Avarizia con un lupo e una borsa di denaro, laGola rappresentata insieme alla lonza, l’animale che compare a Dante nell’antinferno e al di sotto di tutti, a testa in giù e precipitato verso la propria rovina, Satana.
Di fronte alla grandezza del Cielo c’è un’altra grandezza che possiamo legare al nome di Sant’Ignazio: quella dell’umiltà. Basta uscire dalla chiesa per accedere, attraverso una porticina laterale sulla destra, a quelle che vengono chiamate camerette, gli appartamenti in cui il Santo trascorse gli ultimi anni di vita, conservati intatti nonostante la distruzione della casa per far posto alle stanze del collegio gesuitico.
L’ingresso alle stanze è preceduto da un corridoio affrescato dal gesuita Andrea Pozzo che, in parte, può falsare la prima impressione di chi non conosce la storia del luogo. Il corridoio, infatti, venne decorato soltanto un secolo dopo la morte del Santo: sarebbe scorretto perciò immaginare Sant’Ignazio circondato dal lusso e dalla bellezza dedicata a sé stesso.

A riprova di ciò è sufficiente visitare lo studio in cui egli scriveva, studiava e dormiva; una stanza estremamente piccola, l’arredo poverissimo: una seggiola, su cui egli sedeva di notte mentre osservava il cielo, e un paio di mobili. Qui è collocata una testa di bronzo raffigurante il Santo e collocata proprio all’altezza che egli aveva in vita e alcuni documenti autografi che recano la firma e il sigillo.
La stanza più grande, oggi adibita a Cappella, era quella in cui Ignazio riceveva gli ospiti di riguardo e in cui venne spostato il suo letto quando le condizioni di salute si aggravarono portandolo alla morte nel luglio del 1556.

Sara Fabrizi

 

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Redazione Nèa Polis

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