Palazzo Corsini, un luogo con mille storie da raccontare

Palazzo Corsini, un luogo con mille storie da raccontare

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Palazzo Corsini, un luogo con mille storie da raccontare

Passeggiando lungo via della Lungara non si può fare a meno di notarlo: il profilo maestoso di un palazzo, incorniciato da palme come sentinelle sull’attenti a difesa di un tesoro nascosto.

In realtà potremmo parlare di tesori, al plurale, se consideriamo l’insieme di vere e proprie meraviglie che si concentrano dietro un cancello in ferro battuto: la più antica accademia scientifica al mondo, l’Accademia Nazionale dei Lincei, fondata nel 1603 e frequentata da Galileo Galilei; il giardino storico sul retro che oggi ospita l’Orto Botanico di Roma; e infine la Galleria Nazionale di Arte Antica di Palazzo Corsini. Tutto in un punto, citando il titolo di un racconto di Calvino.

Palazzo Corsini
Palazzo Corsini alla Lungara

 

 

Luoghi che dischiudono storie diverse, dipanate lungo i secoli, intrecciate tra di loro lungo l’asse temporale, probabilmente anche grazie alla particolare zona geografica di Roma, prospiciente il Tevere.

Raffaele Riario Sansoni, colui che fece edificare il futuro Palazzo Corsini
Cardinale Raffaele Riario Sansoni

Palazzo Corsini prende il nome dai suoi ultimi possessori, i Corsini appunto, desiderosi di realizzare una dimora prestigiosa, degna dei membri della famiglia fiorentina che aveva dato a Roma il suo nuovo pontefice: Clemente XII (1730-1740). L’edificio, però, non sorse in epoca moderna, ma fu voluto da un altro rappresentante dell’alto clero, il cardinale Raffaele Riario (1511) , noto alle cronache perché la sua personale scalata al potere si tinse, senza che egli lo volesse, del rosso sangue dei Medici. Tra il 24 e il 25 aprile del 1478, quando cioè egli venne ordinato cardinale, si consumò la congiura de’ Pazzi, famiglia ostile ai Medici. Il piano ordito dai congiurati prevedeva l’avvelenamento di Giuliano e Lorenzo de’ Medici durante il banchetto in onore di Raffaele ma, poiché a causa di un malore di Giuliano l’attentato andò a monte, durante la celebrazione della messa in Santa Maria del Fiore proprio da parte di Raffaele, due monaci assoldati come sicari aggredirono i due principi, uccidendo Giuliano.

Cristina di Svezia, che visse a Palazzo Corsini
La regina Cristina di Svezia rappresentata come la dea Diana

Dalle mani della famiglia Riario, nel 1659, la villa passò a quelle di una donna: Cristina regina di Svezia, raffinata intellettuale, carismatica politica, animatrice di uno dei più importanti circoli dell’epoca, l’Accademia Reale, in contatto con studiosi del calibro di Cartesio (che per raggiungerla in Svezia si ammalò di polmonite e morì).
Ma perché una sovrana nordica avrebbe dovuto dimorare a Roma? Semplicemente perché ella, convertitasi al cattolicesimo dopo aver abbandonato la religione di stato, decise di abdicare in favore del cugino per non cedere alle numerose pressioni da parte dei suoi ministri che desideravano vederla maritata. Cristina possedeva una personalità forte e non avrebbe mai accettato un matrimonio che le avrebbe sottratto il controllo del proprio regno, costretta al ruolo di semplice “first lady”. Nella scelta di Cristina di non sposarsi mai giocò forse un ruolo non di secondo piano la relazione con una bellissima e, a quanto pare amatissima, dama di compagnia, Ebba Sparre, cui scriveva dal suo volontario esilio a Roma lettere toccanti e rivelatorie della profondità di quel sentimento. Chissà che Cristina non abbia scritto alcune di quelle parole d’amore nell’Alcova, con gli occhi rivolti alle splendide volte affrescate con scene dell’Antico Testamento dalle storie di Salomone e Mosè. Sicuramente oggi guardando quelle pareti e quelle volte affrescate non verrebbe mai in mente che una storia simile possa averle coinvolte, anche soltanto con un’eco flebile.

Palazzo Corsini

Cristina, da donna di mondo e di cultura, collezionò dipinti e statue che però non arrivarono mai ad entrare a far parte della collezione oggi visibile, disperse tra vari acquirenti.
Morta la regina, ovviamente priva di eredi, le sale del palazzo Corsini non rimasero prive dello splendore che le aveva abitate durante la sua permanenza. I Corsini non solo avviarono delle grandi operazioni di trasformazione, affidate all‘architetto Ferdinando Fuga, che ebbe il compito di ampliare la facciata e modificare il giardino, specchi del potere e del prestigio della famiglia. Collezionarono i capolavori che oggi possiamo ammirare nelle sale: Caravaggio, Orazio Gentileschi, Guido Reni, Guercino, Albani, Rubens. Vere eccellenze artistiche popolano queste sale che hanno udito i passi di grandi personalità, assistito alle loro intime preoccupazioni e che ancora oggi emanano il fascino che dovette colpire i loro successivi abitanti tanto da indurli a legare il proprio nome ad esse.

Tra le varie opere presenti all’interno di Palazzo Corsini potremmo menzionare il San Giovanni Battista (1604 circa) del tempestoso Caravaggio, il cui equilibrio compositivo si gioca nel pieno stile dell’artista sulla contrapposizione di luci ed ombre che conferiscono alla figura del santo una concretezza viva, accentuata dal dettaglio delle mani screpolate che se da un lato potrebbero far pensare alla vita eremitica del santo nel deserto, dall’altro riconduce all’atto stesso della creazione del dipinto: Caravaggio, infatti, si servì di un giovanissimo modello.

Sul fronte opposto dal punto di vista della biografia e dello stile, anche considerando la distanza temporale tra i due artisti, potremmo collocare il Trittico del Giudizio Universale di Beato Angelico (1447-48) con le sue eteree figure.

Sara Fabrizi

 

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Sara Fabrizi

Sara Fabrizi

Classe '92, laureata in Filologia Moderna all'Università di Roma "La Sapienza", redattrice per NéaPolis e Tutored. Gestisco due blog "Parole in viaggio" dedicato all'arte e ai luoghi d'Italia e "Storie dal cassetto", raccolta di racconti brevi soprattutto a carattere psicologico. Un mio racconto "Il battesimo del fuoco" è stato selezionato e pubblicato nell'antologia "I racconti di Cultora. Centro-sud" seconda edizione per Historica edizioni nel 2015. Sono membro fondatore dell'associazione "La parola che non muore" e responsabile dell'ufficio stampa per il Festival omonimo a Civita di Bagnoregio, inaugurato nel 2015.