L’umanità “Dopo il Diluvio” di David LaChapelle

L’umanità “Dopo il Diluvio” di David LaChapelle

 

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Il Diluvio universale come metafora della decadenza

Il Diluvio universale è un mito che attraversa trasversalmente le culture, da quella ebraico-cristiana fondata sulla Bibbia a quella greca del mito di Deucalione e Pirra passando attraverso l’epopea babilonese di Gilgamesh. Un simbolo di distruzione e ricreazione, di palingenesi, reinventato e sempre produttivo che LaChapelle eredita e fa proprio nella sua personalissima interpretazione, colma di riferimenti biblici e di una prospettiva quasi visionaria.
Il fotografo americano David LaChapelle si era ritirato dalla scena nel 2006 sostenendo di aver “detto quel che volevo dire”, abbandonando la mondanità per vivere su un’isola selvaggia: dunque i lavori presenti al Palazzo delle Esposizioni rappresentano il percorso artistico successivo a questa data: un ritorno in grande stile, offerto al pubblico a margine di una rassegna di opere precedenti che permettono di seguire più da vicino l’evoluzione della ricerca artistica del fotografo. LaChapelle, infatti, si era sempre dedicato a fotografie per riviste di moda e cataloghi senza testi, rimanendo lontano dagli spazi museali.

Si tratta di un percorso  che parte proprio da  The Deluge (Il Diluvio) trasportato nella contemporaneità della società occidentale americana, perfettamente riconoscibile nei suoi simboli più iconici – un’insegna di Burger king, Sturbucks, Gucci – ingoiati dalle acque, relitti inerti di un sistema in dissoluzione che lascia emergere in primo piano la realtà dei corpi umani. Nudi, michelangioleschi nella perfetta rappresentazione dei volumi, gli esseri umani si impongono allo sguardo con la fragilità e la conturbante sensualità della dimensione corporea, sfacciatamente e impietosamente esposta. Il Diluvio parla il linguaggio delle contraddizioni odierne, dello sprofondare di un mondo che ha determinato la sua stessa fine lanciato nell’ottimistica ricerca dell’eterna giovinezza e del successo; ma come ogni Diluvio, l’acqua assurge a simbolo di lavacro e purificazione, fonte di nuova vita che ingloba, nella serie Awakeness, uomini e donne battezzati con i nomi di personaggi dell’Antico Testamento. David LaChapelle è stato letteralmente folgorato da una visita privata nella Cappella Sistina, da un incontro quasi intimo con il genio e la visione di Michelangelo che ha rappresentato un cambio di direzione.

The Deluge, il Diluvio David La Chapelle

 

Dopo il Diluvio: l’umanità disincarnata

Da questo momento in poi, dopo il Diluvio, la presenza umana svanisce. Torna soltanto sporadicamente ad affacciarsi in opere dal forte impatto critico come Rape of Africa (Stupro dell’Africa), ispirata ad un quadro di Botticelli Venere e Marte fortemente reinterpretato e attualizzato: l’ammaliante dea è l’ Africa, con le vesti stracciate e lo sguardo fiero – rappresentata da Naomi Campbell – che guarda in faccia il suo aguzzino occidentale, mollemente adagiato dopo l’amplesso su un cumulo d’oro; sullo sfondo una miniera assalita dalle escavatrici. Intorno bambini soldato che sembrano giocare con le armi che maneggiano, innocenti.

David LaChapelle The Rape of Africa

La visita continua attraverso serie fotografiche quali Earth laughes in the flowers (La terra ride nei fiori) che ripropone il tema delle vanitas, nature morte colme di riferimenti alla caducità dell’esistenza e al trascorrere inesorabile del tempo, attraverso composizioni in cui ai soliti elementi simbolici – candele, teschi, collane spezzate – si sostituiscono gli inerti prodotti della società consumistica, dal denaro agli antidepressivi, in un lussureggiante fermo immagine, seducente e disturbante nei suoi significati riposti;

Deathless Winter, David La Chapelle

Gas Stations, serie in cui si rappresentano stazioni di servizio, sinonimo della rivoluzione dei trasporti, dell’inquinamento atmosferico, del progresso moderno e di tutte le dinamiche ad esso connesse, come grandi mostri preistorici arenati nelle foreste amazzoniche; Landscape, che propone una serie di orizzonti futuristici, grandi centrali come parchi giochi luminosi.

Una menzione particolare merita anche la serie My Personal Jesus in cui il fotografo si avvicina alle scene del racconto biblico riportandole all’esperienza di vita concreta attuale, presentando un Cristo che non è entità astratta e lontana, ma presenza reale.

I colori saturi, le composizioni ardite e studiate sin nei minimi dettagli, la volontà critica e provocatoria di David LaChapelle non possono che destare sentimenti contraddittori di fascinazione e repulsione, riportando alla mente gli esperimenti arditi di chi lanciò questo fotografo appena sedicenne: Andy Warhol. LaChapelle si impone all’attenzione senza lasciare un momento di pausa, sollecitando costantemente lo spettatore alla ricerca del senso sotto l’apparente combinazione casuale, i riferimenti disparati e una personalissima declinazione di un’arte raffinata e pop al contempo.

Fonte: L’umanità “Dopo il Diluvio” di David LaChapelle

Sara Fabrizi

Sara Fabrizi

Classe '92, laureata in Filologia Moderna all'Università di Roma "La Sapienza", redattrice per NéaPolis e Tutored. Gestisco due blog "Parole in viaggio" dedicato all'arte e ai luoghi d'Italia e "Storie dal cassetto", raccolta di racconti brevi soprattutto a carattere psicologico. Un mio racconto "Il battesimo del fuoco" è stato selezionato e pubblicato nell'antologia "I racconti di Cultora. Centro-sud" seconda edizione per Historica edizioni nel 2015. Sono membro fondatore dell'associazione "La parola che non muore" e responsabile dell'ufficio stampa per il Festival omonimo a Civita di Bagnoregio, inaugurato nel 2015.