Shamans of Digital Era: lo sposalizio fra arte e tecnologia

Shamans of Digital Era: lo sposalizio fra arte e tecnologia

La maggior parte delle iniziative culturali romane vengono organizzate nelle zone più centrali e più frequentate , trascurando i quartieri periferici che potrebbero essere una  risorsa in termini di spazi sfruttabili. Importante è anche la questione della valorizzazione del territorio e della diffusione capillare della cultura: perché concentrare mostre e manifestazioni sempre nei medesimi luoghi e non azzardarsi a realizzare qualcosa in zone poco conosciute? In questo modo, l’abitante della periferia potrebbe, per una volta, non doversi imbarcare in snervanti traversate e gli altri potrebbero, mossi dalla curiosità, spingersi in luoghi a loro sconosciuti.

A tal proposito, una manifestazione  interessante è stata la prima edizione di  Shamans of Digital Era tenutasi  il 4 ed il 5 settembre e che ha avuto come cornice Largo di Pietralata.  Il festival, dedicato ad un esperimento di commistione fra musica ed arti audio-visive, è stato organizzato dall’associazione IMPULSI Onlus insieme con C.A.R.M.A. (Centro d’Arti e Ricerche Multimediali Applicate) e ha preso forma dall’idea dell’artista intermediale Lino Strangis, direttore artistico dell’evento e presidente del C.A.R.M.A. Strangis afferma che la decisione di aver selezionato il quartiere di Pietralata non è affatto casuale: “L’operazione di portare spettacoli (…) nella piazza di una delle borgate più difficili d’Europa è stata pensata prima di tutto come processo di educazione alla diversità.  È  fondamentale che chi vive nelle periferie possa avere l’opportunità di entrare in contatto con queste realtà, solitamente appannaggio di musei, prestigiosi auditorium o gallerie d’arte” .

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Foto di Giordano Cianfaglione

 

In merito alla scelta del luogo, la presidentessa dell’associazione IMPULSI Onlus e responsabile dell’evento Giulia Pellini ha inoltre detto: “ IMPULSI Onlus nasce e cresce nelle periferie di Roma est, perciò la scelta di svolgere la prima edizione di Shamans of Digital Era nei luoghi che frequentiamo quotidianamente è stata immediata e naturale. Una manifestazione come la nostra sarebbe stata sicuramente apprezzata nei musei e nei luoghi deputati all’arte contemporanea (…) ma ci interessa piuttosto portare la bellezza, la sperimentazione laddove non c’è, ovvero dove serve di più”.

A catturare l’attenzione è il nome dato alla manifestazione:  chi sono questi sciamani dell’era digitale? Lo sciamano è legato ad un universo distante dal nostro Occidente industrializzato, un universo che ha origini remote e dalla connotazione animista. Egli ha difatti la capacità di carpire l’anima più profonda del mondo, tramite mistico istinto panteista.  Il nostro mondo è tuttavia attualmente fondato sulla fiducia, spesso eccessiva, nella scienza e nei suoi progressi considerati sempre come necessari. Abbiamo accantonato l’idea di un Dio padrone ma la struttura è rimasta invariata: la scienza senza la consapevolezza che non tutto è verificabile tramite essa riveste lo stesso ruolo castrante del Dio onnisciente.

La scienza è un ottimo metodo conoscitivo che ha portato al superamento di limiti inimmaginabili, ma non è l’unico valido. Sarebbe opportuno prendere in considerazione sia il tangibile che l’intangibile senza fossilizzarsi sulla iper-valutazione di uno dei due. Gli sciamani dell’era digitale sono  portatori di questa commistione fra la cultura umanistica e quella scientifico/tecnologica che trovano la loro sintesi nella “performance intermediale”.

Avendo potuto assistere alla manifestazione, ci è possibile affermare che l’obiettivo dell’originalità e della realizzazione di un prodotto artistico significativamente evocativo è stato conseguito.

Il 4 settembre si è esibito il trio di improvvisazione jazz degli ACRE composto da Ermanno Baron, Ginomaria Boschi e Marco “uBiK” Bonini, e la musicista dal background classico Angelina Yershova.

Nella seconda serata della manifestazione hanno avuto luogo le performance del progetto E.T.E.R.E. al quale prendono parte lo stesso Lino Strangis, Giovanni Paris, Roberto Liberati e Giulia Pellini. Si sono esibiti poi i My Cat Is An Alien, duo composto da Maurizio e Roberto Opalio che sono ormai un’autorità nell’ambito della musica sperimentale e dell’arte visiva.

Questi spettacoli dal vivo sono stati preceduti dall’esposizione di opere di videoarte in digitale provenienti dall’archivio di C.A.R.M.A. il quale conta al momento attuale più di 200 opere provenienti da tutto il mondo.

Largo di Pietralata è stato dunque il luogo in cui si è celebrato il matrimonio fra l’arte e la tecnologia. Un rito magico, o meglio sciamanico, che ha animato la piazza donandole nuova bellezza e rinnovato interesse urbanistico. La speranza è che questo coraggioso esempio venga il più possibile imitato in quanto l’utilizzo e la valorizzazione degli spazi cittadini rappresenta senza dubbio una priorità. Le città e i luoghi che frequentiamo dovrebbero quindi essere anch’essi visti come installazioni artistiche e, come tali, preservati e condivisi.

Eliana Scala

Elio Tomassetti

Elio Tomassetti

Direttore della testata e giornalista dal 2010, dopo la laurea in Giurisprudenza mi sono sempre occupato di comunicazione soprattutto nei settori socio-culturali. Contatto: eliotomassetti1988@gmail.com