Il lato segreto di Monet
Storia delle “Ninfee” di Monet
«Non tutto il male vien per nuocere». «Bisogna saper trasformare i problemi in opportunità». Frasi fatte? Forse.
E se vi dicessi che la bellezza di alcuni dei capolavori indiscussi dell’Impressionismo, come le Ninfee di Monet, è anche figlia di una malattia?
Tutti conoscono la serie delle Ninfee, collezione di quadri realizzati da Claude Monet (1840-1926), oggi esposti principalmente a Parigi, per la maggior parte al Musée de l’Orangerie, gioiellino nel Jardin des Tuileries. Si possono ammirare altri esemplari della stessa serie anche al Musée d’Orsay e al Musée Marmottan.
Ciò che sicuramente tutti ricordano di questi quadri, spesso di enormi dimensioni, sono i particolarissimi colori, che sembrano presentare le ninfee del giardino di Giverny, paese nel nord della Francia dove viveva Monet, in una luce evanescente. Forse ognuno di noi ha pensato che fosse un’idea geniale rappresentare le ninfee con quei toni un po’ sfocati, che senz’altro contribuiscono alla magia dei quadri.
Molti però ignorano che forse Monet si era limitato a dipingere la realtà proprio così come la vedeva. Il pittore, infatti, soffriva di cataratta, e per questa ragione vedeva i colori sfocati e alterati. Dietro i quadri che noi oggi tanto amiamo si nasconde la grande frustrazione di Monet, incapace di vedere il mondo nelle sue tinte reali. La situazione non migliorò molto nemmeno dopo l’intervento chirurgico cui Monet si sottopose nel 1923.
Alla luce della malattia, ora forse è più chiaro perché le Ninfee di Monet qui riportate sopra (dipinte nel 1904, quando ancora l’artista non soffriva di cataratta) abbiano uno stile molto diverso rispetto alle Ninfee sotto, realizzate fra il 1916 e il 1920.
Quella della cataratta di Monet potrebbe essere anche per noi una buona metafora del fatto che spesso la realtà non è come ci appare. Dietro dei quadri che amiamo, e di cui grazie al merchandising possiamo ammirare riproduzioni su un sacco di oggetti della nostra vita quotidiana, si può nascondere il dolore di un grande artista in lotta contro una malattia.
Tutto può essere visto, però, anche sotto una luce più ottimista. Come si diceva, «non tutto il male vien per nuocere». Non possiamo sapere se senza la cataratta Monet avrebbe realizzato comunque quelle opere che col tempo sono diventate il suo marchio di fabbrica. L’arte, ancora una volta, si conferma un modo per trasformare il dolore, perfino quello di una malattia, in bellezza.
E, a oltre novant’anni dalla morte del maestro, non abbiamo ancora smesso di rimanere a bocca aperta davanti alle sue tele. Con quel tocco di imperfezione sfumata che ci ricorda che anche la vita non è poi tanto diversa, e che è proprio questo a renderla unica.
Articolo di Michele Mattei.
Fonte immagine: Pixabay