I misteri dei mosaici delle martiri

I misteri dei mosaici delle martiri

Guida ai mosaici di Santa Prassede e Santa Pudenziana

Due sorelle unite nella fede e nel martirio, questa è l’immagine che ci restituisce la storia di Santa Prassede e Santa Pudenziana, figlie del senatore Pudente, tra i primi uomini ad essere convertito a Roma da San Pietro, ospitato poi a lungo in casa sua. Le vicende delle due vergini e martiri sono tramandate dai Passionari, elaborati intorno al V-VI sec. per fornire ai chierici testi per i propri uffici religiosi e le letture edificanti: quel che possediamo, dunque, è un racconto ricostruito svariati secoli dopo l’esistenza delle due donne, dai contorni leggendari, che non può essere considerato fonte attendibile. Ci troviamo di fronte ad una storia carica del fascino del dubbio sulla sua autenticità.

Negli Atti, dunque, si racconta di come Pudente, senatore romano convertito, avesse reso la propria casa in una domus ecclesiae, una chiesa domestica. Alla sua morte le figlie, in accordo con Papa Pio I, la trasformarono in un battistero, luogo in cui si prodigavano per convertire e battezzare, animate da fede e coraggio nell’epoca cupa in cui il Cristianesimo subiva la persecuzione ad opera degli imperatori romani. Pudenziana fu la prima a perdere la vita, a soli sedici anni; nonostante questo Prassede, proseguì nella sua missione, ottenendo da Pio I il permesso ad edificare una chiesa nelle terme di Novato, intitolata proprio alla beata vergine Pudenziana e un’altra sub titulis Praxedis nel vico Lateranus. Una nuova persecuzione, ad appena due anni di distanza, la trovò impegnata nel nascondere i cristiani e nel raccogliere i resti di coloro che non riuscivano a salvarsi per dargli sepoltura nel cimitero di Santa Priscilla, sulla Salaria.

pozzo santa Prassede

Non solo: la donna sarebbe addirittura l’iniziatrice del culto delle reliquie sacre! Infatti era solita raccogliere con una spugna il sangue dei martiri per versarlo in un pozzo; questo pozzo, o almeno ciò che venne identificato come tale, è visibile nell’attuale Basilica di Santa Prassede, frutto del rifacimento voluto da papa Pasquale I nell’817, responsabile anche della traslazione delle spoglie mortali di circa 2000 martiri dalle catacombe alla basilica, innalzata così a monumentale reliquiario.

Un reliquiario degno di attenzione non soltanto per quel che contiene, ma soprattutto per il particolare progetto iconografico che si srotola letteralmente sui suoi interni in un trionfo dell’arte musiva dedicato al libro dell’Apocalisse. L’abside vede una rappresentazione del Cristo con aureola e tunica dorata, su cui cala dall’alto la mano di Dio Padre recante la corona di figlio; ai due lati a fare ala insieme ai santi Pietro e Paolo scorgiamo santa Prassede, santa Pudenziana e lo stesso papa Pasquale, con aureola quadrata (indicante le persone in odore di santità ancora viventi) e un modellino della basilica tra le mani. Ai loro piedi dodici agnelli sono rivolti verso l’Agnus Dei posto sul monte del Paradiso.

Santa Prassede

Anche l’arco absidale e quello trionfale risultano decorati con mosaici a tema apocalittico, ma il luogo forse più suggestivo della Basilica è il Saccello di San Zenone, chiamato “Giardino del Paradiso” tale è lo splendore dell’oro delle sue pareti in stile bizantino.

Anche Santa Pudenziana, rifondata nel 380 circa, ha il suo mosaico, sopravvissuto ad un restauro del 1588 che lo ha, in parte, mutilato. Il catino absidale, infatti, è decorato con quello che è considerato uno dei più antichi mosaici bizantini a Roma con un Cristo Pantocrator assiso in trono, nella destra un libro recante l’iscrizione Dominus Conservator Ecclesiae Pudentianae, circondato da 10 apostoli.

Mosaico Chiesa Santa Pudenziana

Perché soltanto 10 apostoli, e non 12? Il numero incongruo è presto spiegato: quando nel 1588 Francesco Capriani, detto il Volterra, operò il restauro sacrificò la parte inferiore della decorazione, troncando due dei dodici apostoli. Alle spalle di Cristo si nota una collina sulla quale è eretta una croce dorata e, sullo sfondo, una città, identificata con Gerusalemme. La croce viene interpretata in vari modi: forse potrebbe far riferimento a quella innalzata da Costantino sul Golgota per custodire le reliquie della vera croce ritrovate dalla madre, sant’Elena, ma è necessario ricordare che la tradizione relativa a quest’evento è piuttosto tarda, forse addirittura posteriore alla realizzazione della basilica; potrebbe allora trattarsi di quella elevata da Teodosio II intorno al 420. Ciò che è sicuro è il valore simbolico di quest’elemento, rappresentante la resurrezione e la sconfitta della morte.

Insomma, due donne, Prassede e Pudenziana, importantissime nella storia paleocristiana.

 

Articolo di Michele Mattei.

Fonte immagine: Pixabay

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Redazione Nèa Polis

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