Patto per l’innovazione: cosa cambia per la P.A. (e cosa invece no)

Patto per l’innovazione: cosa cambia per la P.A. (e cosa invece no)

Lo scorso 10 marzo a Palazzo Chigi, il Presidente del Consiglio Mario Draghi e il Ministro per la Pubblica amministrazione Renato Brunetta hanno siglato, insieme ai segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, il patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale, l’accordo che riconosce alla Pubblica Amministrazione il ruolo centrale di motore di sviluppo e catalizzatore della prossima ripresa.

Secondo le intenzioni dei firmatari, il Patto si propone di disegnare un nuovo modello di coesione sociale, consolidando tale peculiarità e trasformandola in un valore fondante per uno Stato che vuole modernizzarsi mettendo al centro del rilancio il valore della persona e della partecipazione.

Il Piano rappresenta – oltre che una novità – anche un’opportunità per il futuro della PA. La costruzione della nuova macchina pubblica, come traspare da tale accordo, deve fondarsi innanzitutto sull’ingresso di nuove generazioni di lavoratrici e lavoratori e su un’azione di modernizzazione costante, efficace e continua, anche in considerazione del percorso di transizione verso l’innovazione e la sostenibilità di tutte le attività pubbliche” commentano Fabio Petracci e Alberto Tarlao, componenti del Centro Studi Corrado Rossitto (centro studi e ricerca di CIU – Unionquadri) e attenti osservatori delle dinamiche del mondo del lavoro pubblico.

A fronte di un piano che ha indubbiamente il pregio di guardare al futuro, rimane però ancora qualche nodo da sciogliere, soprattutto nei confronti di una categoria – quella dei Quadri – che nel pubblico fatica ancora a trovare il giusto riconoscimento.

Il prospettato adeguamento della disciplina contrattuale ai fabbisogni di nuove professionalità e competenze in relazione ai cambiamenti organizzativi dell’innovazione digitale, sancita nel Piano, appare come un’occasione attraente per ristabilire il giusto ruolo di tutte quelle alte professionalità che, nel privato, trovano già adesso la loro naturale collocazione nel ruolo dei Quadri ma che, nel pubblico, non riescono ad essere correttamente integrate per mancanza (formale) di tale ruolo.

“Per ottenere la giusta valorizzazione delle alte professionalità anche nel ruolo pubblico, un’apertura in tal senso sembra emergere dalla necessità della rivisitazione dell’ordinamento professionale e della conseguente valorizzazione di specifiche professionalità non dirigenziali dotate di competenze e conoscenze specialistiche contenute nel Piano” osservano Petracci e Tarlao. “Si tratta, a nostro avviso, di un passaggio molto delicato per la contrattazione collettiva, che difficilmente rinuncerà al trattamento uniforme ed indifferenziato delle aree non dirigenziali, e che ha già visto l’accesa contrarietà del sindacato all’introduzione della Vice dirigenza. Per questo è richiesto lo sforzo (e il coraggio) di tutti i protagonisti della contrattazione – ARAN non esclusa – per introdurre una specifica previsione di figure di middle management in grado di assumere specifiche responsabilità organizzative e professionali”.

È probabile, dunque, che in tale contesto si possa avere necessità di avviare un confronto con chi, in questi anni, si è occupato di fornire assistenza e supporto alla categoria delle alte professionalità, tanto nel privato quanto nel pubblico. Un appello che, se dovesse giungere, non lascerà indifferente la CIU-Unionquadri, il sindacato maggiormente rappresentativo della categoria dei Quadri, presente al CNEL e al Comitato Economico e Sociale Europeo – CESE: “Il rapporto di lavoro pubblico, a differenza di quello privato, sconta la mancanza dei Quadri intermedi, figure oggi presenti “di fatto” ma difficilmente valorizzate. Tali professionalità, che oggi costituiscono parte strutturale del processo di cambiamento della P.A., risultano spesso sottoutilizzate se non addirittura ignorate, ed il cui contributo non sempre è riconosciuto e premiato in rapporto al reale livello operativo e di responsabilità. Il Piano, in questo senso, rappresenta il seme germinale di un percorso che ci auguriamo possa presto traguardare al riconoscimento e alla valorizzazione di questi lavoratori” ha concluso Gabriella Ancora, Presidente di Ciu-Unionquadri.

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Redazione Nèa Polis

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