“Youth”: Sorrentino color pastello

“Youth”: Sorrentino color pastello

C’è un fatto: i film di Sorrentino hanno contribuito a segnare l’inizio di un cinema italiano diverso dalle tendenze imperanti dal XXI secolo: moderno, non da dramma familiare e non da commedia champagne e mortadella.

Hanno fatto sì che molti ragazzi della mia generazione prendessero la decisione di lavorare nel cinema.

Perché i virtuosismi registici e una storia con un capo e una coda, un messaggio chiaro e dei personaggi impregnati di poesia, erano qualcosa che era insolito vedere per noi.

Così Tony Pisapia, Titta Di Girolamo, Geremia cuore d’oro, e persino l’Andreotti fumettistico, ci hanno presi per mano e: via alla passione.

Poi è arrivato Gep Gambardella e tutto è diventato più complicato. E il famoso “capo e coda” delle storie ha ceduto il passo ad un messaggio meno emotivo e più cervellotico. La macchina da presa continua ad ubriacarci anzi, forse lo fa molto di più, e abbiamo la necessità di vedere il film più di una volta per capirne il senso profondo.

Io ho vissuto l’uscita di “Youth” come una sorta di momento della verità: posso restituire il mio cuore a Sorrentino o glielo tolgo definitivamente, lasciandogli la mia imperitura stima intellettuale?

E mi sono ritrovata di fronte ad una creatura strana, che francamente, non ho colto profondamente. I temi trattati sono cugini di primo grado di quelli de “La grande bellezza”: la nostalgia, il rimpianto, il guardarsi indietro e poi la frustrazione, tema che regna sovrano.

In un contesto pacifico e lento, nella nazione “neutrale” per antonomasia, la Svizzera, in una Terra di mezzo per ricchi artisti che si trovano e si fanno compagnia cercando empatia vicendevole, un’amicizia tra due anziani grandi artisti, un direttore d’orchestra e compositore in pensione (Michael Caine) e un regista che sta cercando di scrivere il suo film-testamento (Harvey Keitel), stanchi e riflessivi, assiste ai drammi della giovinezza. Una figlia poco più che trentenne lasciata per un’altra donna, un giovane attore che gode perlopiù di fama e lotta per costruirsi una carriera artistica, un timido alpinista, cinque giovani sceneggiatori che cercano di farsi strada con genuina convinzione, una Miss Universo incredibilmente intelligente che vorrebbe essere di più di un sex symbol.

È come se volesse dirci: “quando sei giovane ti struggi pensando che quello che stai vivendo sia il problema più importante dell’Universo, che il senso della tua vita stia nel ruolo sociale che hai, nel lavoro che fai, in come ti vedono gli altri, nel posto che hai nel mondo. Puoi finalmente invecchiare serenamente solo quando capisci che non è così.”

E qui quello che probabilmente è il cuore di questo film: il dialogo tra l’anziano regista e l’attrice che lui “ha lanciato” cinquant’anni prima, che era una ragazza bella e sempliciotta e che grazie a lui è diventata una musa mondiale superando il clichè della bambola, interpretata da una conturbante Jane Fonda. La donna gli rimprovera in sostanza di prendersi troppo sul serio e gli provoca probabilmente lo squarcio nel cielo di carta che lo mette in pace con il suo passato: “La vita continua anche senza questa stronzata di cinema”.

Forse è un warning che Sorrentino ha voluto lanciare a tutti quelli che, appunto, si prendono troppo sul serio, forse anche a sé stesso … E lo fa, però, prendendosi eccezionalmente sul serio. Lo fa con tempi dilatati, dialoghi molto cerebrali e la sua straordinaria regia: poderosa e spiazzante.

È un’opera che può lasciare noia o serenità, o qualche spunto di riflessione color pastello, difficilmente smuove lo stomaco, commuove o turba. Sembra voglia rimanere nella famiglia tematica e strutturale de “La grande bellezza”, avendone però abbandonato voracità, sensualità ed elettricità.

Ad ogni modo diciassette minuti di applausi al Festival di Cannes non possono che confermare a livello internazionale un autore dalla personalità impetuosa e identità artistica incredibilmente interessante.

Il mio cuore può aspettare!

Gabriella Olivieri

Elio Tomassetti

Elio Tomassetti

Direttore della testata e giornalista dal 2010, dopo la laurea in Giurisprudenza mi sono sempre occupato di comunicazione soprattutto nei settori socio-culturali. Contatto: eliotomassetti1988@gmail.com