Ewan McGregor: dai paesaggi della Scozia alla Pastorale Americana

Ewan McGregor: dai paesaggi della Scozia alla Pastorale Americana

Letteratura

Udite udite, anche Ewan McGregor ingaggia la sfida del dirigere la macchina da presa: diversi sono infatti gli attori che nel corso degli anni si sono a sorpresa cimentati nella prova registica, a volte anche rivelando virtù inaspettate.

Ben Affleck ad esempio, attore non totalmente brillante o propriamente espressivo, ma che una volta uscito di scena sa creare la magia della finzione, basti ricordare gli ottimi Gone baby Girl (2007) e Argo(2012).

E ora, anche il talentuoso Ewan vuole dimostare che ha imparato la lezione e sa mettersi a dirigere, e lo fa accingendosi a portare sul grande schermo uno dei libri più letti degli ultimi anni, un vero caso nella letteratura mondialeAmerican Pastoral, del premio Pulitzer Philip Roth.

Scritto nel 1997, il romanzo si snoda intorno alla figura di Seymour “Swede” Levov, leggendario atleta universitario entrato nel mito della sua città nativa come un campione di forza, eccellenza e bellezza, tanto fisica quanto morale. Seymour il vincente che incarna nella sua vita gli ideali dell’America democratica, lui che in America “ci stava come dentro la propria pelle”,  cresce, sposa Dawn, ex Miss New Jersey, ed eredita la grande fabbrica di guanti del padre. La sua vita perfetta, in cui azioni e valori giusti si conciliano perfettamente senza ombre o sbavature, inizia a franare con l’adolescenza della sua unica figlia: è Merry, la sedicenne ribelle balbuziente che imbraccia lo spirito rivoluzionario di quegli anni della guerra in Vietnam e getta all’aria i valori che la hanno cresciuta, facendo esplodere la vita della sua famiglia e del mondo circostante.

Chiunque abbia letto Pastorale Americana sa che non è nella trama che sono la forza e la consistenza del romanzo, ma nella prosa, nelle frasi difficilmente traducibili come “Life is just a short period of time in which you are alive”, che nella versione italiana suona ancor più alla Maccio Capatonda  (o Favio Bolo): “la vita è solo un breve periodo di tempo nel quale sei vivo”. Un’opera insomma, che come altre di Roth non è facilmente riportabile sullo schermo, come ben sanno quanti hanno visto il non acclamato La macchia umana (The Human Stain) di Robert Benton nel 2003 con Anthony Hopkins e Nicole Kidman. A tuttora, il miglior tentativo è datato 1969 con la commedia di Larry Peerce Goodbye Columbus (che come sempre, il fantastioso doppiaggio italiano rinominò La ragazza di Tony), “il meno peggio” degli adattamenti di Roth.

Pastorale americana, è un romanzo ancora più complesso degli altri, nel suo addentrarsi in una spietata analisi del fallimento del grande sogno americano, fallimento qui segnato da quello della famiglia perfetta, scoperta in tutte le sue fragilità, ma che mette sotto accusa la politica americana tramite la balbuzie di Merry. All’interno di un progetto di trilogia all’insegna della critica alla società americana che vede anche Ho sposato un comunista e La macchia umana, Roth raccoglie inPastorale Americana tutta l’ambiguità della nazione: dall’assurdità della guerra in Vietnam, all’ambiguità della presidenza Johnson, ai valori quasi puritani della classe abbiente fino all’insoddisfazione di quelle emarginate.

La vicenda narrata si ascolta in silenzio, e lo stesso autore sembra sparire per lasciarci in compagnia dello svedese, ma non solo. Se si dovesse definire un tema principale di Pastorale Americana direi che è il riuscire a stare al mondo meglio che si può, tra illusioni e strategie, cercando di non lasciarsi distruggere dalla storia. E a tentare questo equilibrio è proprio lo svedese, che incarna nel suo vissuto i sentimenti dell’epoca che vive: c’è l’inganno, sia quello che il protagonista perpetra nei confronti di se stesso, che quello delle persone che gli stanno intorno; ci sono i cambiamenti epocali del Vietnam e del Watergate; ci sono le diseguaglianze; ci sono le nuove generazioni che lottano per un futuro incerto. Soprattutto, tra queste ultime, c’è una figlia che nel minare il rapporto con il padre, spezza il classico passaggio generazionale.

Il senso del titolo del romanzo si rivela allora presto in tutta la sua sottile ironia: la tradizione della pastorale affonda le sue radici in Teocrito e Virgilio, nell’esaltazione letteraria della vita bucolica e in perfetta  armonia con la natura. Levov lo svedese ha perseguito un ideale di equilibrio e controllo armonioso per tutta la vita, trovando la sua realizzazione nell’adorata casa di campagna con le sue mucche e il rassicurante muro di pietra.

Nel romanzo tutto omaggia l’ideale del protagonista e di una certa parte di America: il dilungarsi sul suo carattere, sulle sue azioni, sul confezionamento degli adorati guanti della sua fabbrica, la descrizione di tutto ciò che doveva essere e poi ha smesso semplicemente di essere.

La fine del sogno di Levov, della sua pastorale americana, è dunque totale e annichilente e non sarà facile per il neo regista e scozzese McGregor trasportare il carico emotivo del romanzo oltre le sue pagine e sul suo volto: sarà infatti proprio l’ex Mark Renton di Trainspotting ad interpretare il protagonista Seymour, venendo affiancato da un’altra ex tossica sullo schermo,Jennifer Connelly, celebre per il ruolo di Marion in Requiem for a dream, l’Oscar come miglior attrice non protagonista in A Beautiful Mind e le sue folte sopracciglia.

La ribelle Merry avrà invece le sembianze dell’ex bambina prodigio Dakota Fanning, recentemente vampira nella saga diTwilight, ma che preferisco piuttosto ricordare per La Guerra dei Mondi di Spielberg del 2005.

La sceneggiatura del film è stata da subito affidata dalla Lakeshore Entertainment a John Roman, che ha firmato anche The Lincoln Lawyer nel 2011, il film che ha sancito l’inizio di un Matthew McConaughey alle prese con la sua disarmante virilità sul grande schermo; la regia invece è stata dapprima data a Philip Noyce, regista de Il collezionista di ossa (1999), cui è subentrato da poche settimane McGregor.

Ewan è ormai da anni uno degli attori più versatili dello star system, vera stella in ascesa dal 1994, quando, notato da Danny Boyle, entrò nella storia del cinema con il suo Mark Renton, dimostrando doti canore in Moulin Rouge! nel 2001, la stoffa dell’eroe in Star Wars nel 1999 e nel 2002, fino al recentissimo ruolo di Messia e maligno in Last Days in the desert di Rodrigo Garcìa: un attore insomma a tutto tondo, che si appresta ad indossare i panni del conformismo, lo stesso che dalle lande scozzese di Trainspotting, rinnegava con disprezzo.

La scelta sembra essere caduta su di lui per la sua passione ed entusiasmo nel romanzo, che rappresenta la storia attesa per mettersi alla prova, la storia che McGregor sentiva “di dover raccontare” come ha recentemente dichiarato in occasione della presentazione del progetto. L’inizio delle riprese di Pastorale Americana è previsto per settembre e avrà luogo a Pittsburgh, Pennsylvania; e chissà che l’ex Mark Renton, scozzese ed esistenzialista, in grado di far risuonare il romanzo di Irvine Welsh e il suo pensiero kierkegaardiano, riesca a sorpenderci e ad essere all’altezza della sfida letteraria. Io lo credo e lo spero molto.

“Cosa sei, tu? Lo sai? Tu sei quello che è sempre lí a cercare di minimizzare le cose. Sempre lí che si sforza di essere moderato. Mai dire la verità, se credi che possa ferire i sentimenti di qualcuno. Sempre pronto ai compromessi. Sempre pronto ad accontentare la gente. Sempre lí a cercare di trovare il lato migliore delle cose. Quello educato. Quello che sopporta pazientemente ogni cosa. Quello che ha una dignità da difendere. Il ragazzo che non viola mai le regole. Quello che la società ti ordina di fare, tu lo fai. Le norme della convivenza civile. Ci devi sputare in faccia alle norme della convivenza civile.” Philip Roth,Pastorale Americana

 

E nell’attesa del film, leggete il libro, fatevi un’idea su Roth, fatevi delle idee, fatevi sempre delle idee su tutto, non lasciate che qualcuno vi dica cosa sia giusto e cosa non lo sia, guardate il mondo e ragionate da soli: “scegliete la vita” perchè la vita non scelga voi.

Alessia Agostinelli

Alessia Agostinelli

Laureata in filosofia e amante del cinema e della letteratura, sempre in giro per il mondo all'inseguimento dell'unico, grande sogno: la scrittura. Letteratura dell'800, film degli anni '90 e Filosofia di ogni tempo sono da sempre i miei compagni più fedeli.