Filosofia: consigli di lettura per il nuovo anno

Iniziare l’anno con filosofia: lo spirito giusto del 2019

Ecco ora qualche consiglio di lettura, inerente al tema della filosofia, per iniziare al meglio il 2019.

Perché, tra le altre cose, la filosofia fa anche questo: aiuta, aiuta a vivere, a schiarirsi – talvolta, il che è salutare, a complicarsi – le idee, ad abbandonare dubbi inutili e pretese senza oggetto.

1) Sì, ma cos’è la filosofia?: Che cos’è la filosofia? di Gilles Deleuze e Félix Guattari

Uno può anche dire che cominciare l’anno con filosofia è per intero un buon proposito. Il problema però è che nessuno sa bene di cosa si parla quando si parla di filosofia. Lo spiegano in questo saggio due grandi del Novecento: Gilles Deleuze e Félix Guattari, il primo filosofo, il secondo psicanalista, due pensatori eterodossi, scomodi, che hanno fatto un pezzo di storia del secolo scorso.

Un avvertimento, però: in Che cos’è la filosofia? non troverete un quadro unitario, una definizione, diciamo, della filosofia. Al contrario, il saggio opera come una distruzione dall’interno del concetto stesso di filosofia. Questo per un motivo semplice, ma al tempo stesso profondo: ogni filosofia, per esser tale, deve imporre una nuova immagine di sé, deve cioè ricostruirsi interamente e stabilire i concetti (e, con essi, la definizione di concetto) entro i quali essa opera.

Insomma, si comincia a far filosofia domandandosi precisamente come si debba rispondere alla questione del che cosa sia la filosofia. E, tutti i filosofi, sostengono Deleuze e Guattari, – o meglio, tutti i grandi filosofi – non hanno fatto altro che questo: sparecchiare il tavolo concettuale sul quale si giocava la partita del pensiero per riapparecchiarlo a modo loro, dando nuova vita a nuovi concetti, costruendo di volta in volta un piano d’immanenza.

La filosofia non è scienza, la filosofia non è logica, la filosofia è quella pratica che riporta sul terreno scabro, come diceva Wittgenstein, il pensiero, e toglie le maiuscole ai concetti idolatrati. Secondo Deleuze e Guattari, la filosofia si gioca tutta sulla superficie delle cose, non nell’alto della Trascendenza, né nel basso della Profondità, ma in superficie, sulla superficie delle cose, dove corre veloce, dove sorvola i concetti del piano d’immanenza da lei creato.

La filosofia è essenzialmente affermativa, ed è questa la sua potenza sovversiva, arma contro l’imbecillità, terapia contro il pensiero pigro. Come altrove dirà Deleuze, a chi chiede a cosa serva la filosofia bisogna rispondere in maniera aggressiva, perché dietro la domanda si nasconde l’ironia, ironia di chi non vede l’importanza di creare menti affermative, libere, che non confondano i propri interessi con quelli della morale, della religione, della politica.

2) La felice conoscenza di sé: L’arte di essere felici di Arthur Schopenhauer

La felicità per il nuovo anno la desideriamo un po’ tutti, ma esistono davvero delle “regole” da seguire per raggiungerla? Probabilmente no, visto che essere felici potrebbe essere addirittura un’arte. Più che regole universali, esistono dei buoni consigli (cinquanta, per la precisione), che un certo Arthur Schopenhauer ha sparso qua e là fra le pagine dei suoi scritti postumi.

Spesso dipinto come il filosofo del pessimismo, Schopenhauer ha effettivamente maturato una visione piuttosto buia dell’esistenza umana. Egli è sì del parere che la felicità sia soltanto «una chimera che l’illusione ci mostra in lontananza», però non esclude che si possa comunque condurre una vita che sia il meno infelice possibile.

La raccolta L’arte di essere felici punta proprio a questo, lasciandosi contaminare da tradizioni antiche come lo stoicismo e la letteratura indiana, che da sempre hanno interessato Schopenhauer.

Alcuni dei concetti toccati con più frequenza sono la salute, il pretendere poco, il tenere a freno la fantasia, il tenersi occupati, il vivere a mezza via tra presente e futuro.

Fra tutti però, spicca l’assecondare la propria personalità; in tutto quello che viviamo infatti, premesso che gli eventi esterni hanno un effetto diverso su ciascuno di noi, ciò che fa la differenza è il nostro modo di percepire la realtà, ovvero quella che Schopenhauer chiama la nostra “rappresentazione del mondo”.

Per assecondare ciò che siamo, è necessario avere coscienza e conoscenza di sé, sapere ciò che vogliamo ed evitare di tentare invano ciò in cui sappiamo di non riuscire, per inclinazione o per limiti personali. Perché questo sia efficace, è fondamentale metterci alla prova in più situazioni, tanto è vero che Schopenhauer non si dimentica di riflettere su quanto le esperienze più disparate, i tentativi a vuoto, i viaggi, siano strumenti irrinunciabili per essere artisti ed artefici della nostra felicità.

3) La parola agli Antichi: Etica Nicomachea di Aristotele

Potevo fare a meno di chiudere la lista con un classico? Certo che no; infatti, eccolo qui: l’Etica Nicomachea di Aristotele, il quale oltre ad essere un testo imprescindibile per chi voglia avvicinarsi allo studio della filosofia, è un libro godibile come pochi, per la vivacità delle nozioni esposte e per lo straordinario senso della realtà che, lo noterete leggendo, fa di Aristotele un compagno per chiunque, come dice lui stesso, sia in cerca di una vita degna di essere vissuta.

Come tutte le altre opere, anche l’Etica è una raccolta di appunti, stesi (pare) per il figlio Nicomaco (donde nicomachea). Ora, ciò che a noi interessa è la strettissima correlazione, tipicamente greca, che stringe l’Etica, cioè, detto in soldoni, i precetti che concernono l’agire del singolo, alla felicità: una buona vita, secondo gli antichi, una vita etica, è una vita felice. E qui si apre la grande questione: che cosa significa vita felice? Quella del calzolaio? Quella dedita all’onore? Alla ricchezza? Alla fama? O alla speculazione? Aristotele vi prende per mano e vi accompagna lungo le sponde della vita per (dimostrarvi) dove e come la felicità possa risiedere.

Così, accompagnati da Aristotele, capirete il valore della scelta, della pesata, accurata attenzione che l’uomo saggio – o che tale vuol diventare – deve portare sulle proprie azioni; capirete il valore dell’educazione, di quanto si possa imparare dall’esempio e di quanto, invece, ci si debba muovere per propria iniziativa; capirete, oltretutto, cosa voglia dire essere donne e uomini virtuosi, e che di virtù si può parlare in due maniere diverse, a seconda cioè che siano etiche o che siano dianoetiche, ossia concernenti la prassi o la razionalità.

Senza contare, poi, che nell’Etica troverete alcune tra le pagine più belle che siano mai state scritte in materia di amicizia. Tutto questo come un percorso ascensionale che conduce a quello che Aristotele chiama «il Bene supremo», ossia, la felicità – ciò a cui tutto tende. Bisogna ben saper distinguere tra scopo e fine, giacché lo scopo è schiacciato sul presente, e si esaurisce nel momento in cui il desiderio ora provato è esaudito, mentre il fine è uno, e non ha altro dietro sé, ma è – così dice Aristotele – perfetto perché autosufficiente. Ci ammonisce Aristotele, e questo potrebbe essere davvero un buon proposito, di non fissare lo scopo, ma tendere, come il bravo arciere, all’autentico fine che rende degna la vita; ossia, di nuovo, alla felicità. Non male, vero?

 

 

Articolo di Daniele Morali

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Redazione Nèa Polis

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